ESCLUSIVA SJ – Alessia Tarquinio: “Ciò che mi è rimasto dentro del match allo Stadium è la bellezza dei sorrisi delle tante famiglie presenti”

La giornalista di Sky Sport Alessia Tarquinio è stata contattata in esclusiva dalla nostra Miriana Cardinale per ripercorrere i grandi successi della Juventus Women e per parlare del successo ottenuto nell’estate dalle “Ragazze Mondiali”.

Volto noto della televisione, Alessia si è sempre battuta per i diritti delle donne e del calcio femminile, schierandosi ad esempio in difesa di Cristiana Girelli in seguito agli insulti ricevuti a Firenze lo scorso anno durante Fiorentina-Juventus. La stessa giornalista ha lanciato il suo motto “piccola a chi?!” per difendere sè stessa ed i suoi diritti.

Secondo lei, si concluderà questo campionato?

“Ci vuole la palla magica (ride ndr), è una domanda che si fanno tutti gli appassionati e chi lavora nel calcio. Io credo che in questo momento non si possa sapere, il calcio va di pari passo alla vita. La FIGC a questo punto dovrà pensarci davvero bene. Se nel calcio maschile si deve pensare al business nel calcio femminile si possono fare ragionamenti diversi. Il calendario del calcio femminile è molto più breve quindi ci vorrebbe poco tempo per poterlo concludere. Sicuramente chi deve decidere prenderà la miglior decisione.”

Lei lo scorso anno c’era allo Stadium in occasione di Juventus-Fiorentina, ci racconta quella giornata?

“Il 24 marzo è passato un anno. A me sembra ieri però, forse perchè sento la mancanza del calcio al punto da vivere di emozioni provate. Da quel momento è iniziato un anno ricco, intenso in cui è successo di tutto. Il calcio italiano si è fatto conoscere anche all’estero perchè poco prima c’era stato a Madrid il pienone del derby spagnolo ma noi non siamo stati assolutamente da meno. Non in tanti pensavano che avremmo potuto riempire uno stadio, c’erano appassionati della Fiorentina, della Juve e tanti appassionati del movimento calcio femminile. Penso sia stata una vittoria soprattutto per tutti coloro che per tanto tempo non avevano avuto né una voce e nemmeno una telecamera puntata: per le stesse ragazze, ma anche per tutti coloro che hanno sempre seguito con amore e passione il movimento. Una cosa che mi è proprio rimasta dentro è la bellezza dei sorrisi, la voglia, l’entusiasmo del tifo, le tantissime famiglie presenti allo stadio.”

Lei stessa ha lanciato il tormentone del “piccola a chi?!” è mai stata discriminata per la sua altezza e per essere una donna in un mondo di uomini?

“Mi è successo parecchi anni fa di essere discriminata da un mio direttore dicendomi che se fossi stata più alta avrei potuto fare molte più cose, sinceramente ad oggi non so a cosa si riferisse. Come penso sia evidente ad oggi il prototipo di donna e conduttrice è diverso dalle mie caratteristiche fisiche. Discriminata propriamente no, ma non è stato facile, erano altri tempi, 23 anni fa nel calcio c’erano pochissime giornaliste donne. La difficoltà era far capire che non volevo fare la valletta ma volevo fare la giornalista a tutti gli effetti. Devo dire però che nessuno dei miei colleghi mi ha mai ostacolata, inizialmente mi era soltanto stato detto di non fare domande troppo tecniche agli allenatori, tuttavia sono riuscita a ritagliarmi il mio spazio e a parlare di tattica. Sono luoghi comuni purtroppo.”

Ha vissuto le “Ragazze mondiali” dall’interno, si aspettava avrebbero raggiunto i quarti di finale?

Ho iniziato il commento di questo Mondiale non aspettandomi niente, pensando che qualsiasi cosa sarebbe stata bella e positiva. Finalmente dopo vent’anni c’eravamo, eravamo una bella squadra e con un certo livello tecnico. Sono partita senza aspettative per godermi il momento e penso sia stato così anche per loro. Se dovessi scegliere un mio momento preferito al mondiale dal punto di vista sentimentale direi il gol del 2-1 al minuto 94′ di Italia-Australia firmato da Barbara Bonansea in cui mi sono messa a piangere. Da un punto di vista di valori sceglierei l’eliminazione contro l’Olanda perchè per tanti è stata una sconfitta, la fine di un sogno. Per me e per tante altre è stata l’inizio di una realtà perchè siamo arrivate fino a quel punto, abbiamo giocato bene, l’Italia e gli italiani hanno scoperto che c’erano due nazionali da seguire e da tifare. Finalmente eravamo una bella e vera realtà era la fine di un campionato vissuto ad alto livello e l’inizio di una nuova realtà.”

Conosce bene le giocatrici da molti anni, quale l’ha stupita maggiormente ai Mondiali?

Sono tutte mie amiche, non voglio fare torti a nessuna (ride ndr). Dico il gruppo, ma il gruppo esteso. Le ragazze de “La Gang della Curva” (il gruppo ultras della nazionale femminile) sono state la dodicesima donna in campo, tutte quelle ragazze che hanno seguito il mondiale sognando, ma sognando un sogno che si può realizzare. In campo c’erano le ragazze che hanno faticato per raggiungere quel obiettivo e fuori c’erano tante ragazze che hanno capito che si può lavorare e giocare per un sogno.”

Il professionismo secondo lei è un traguardo raggiungibile?

“A piccoli passi ci stiamo arrivando, è una questione di burocrazia. Ci stiamo avvicinando, tante già possono allenarsi in strutture che anni fa sognavano, siamo in un momento storico in cui non si può chiedere alle società di investire più soldi. Sono quelle piccole cose della quale ogni donna ha bisogno. Le nostre mamme e nonne hanno lottato per i loro diritti, da donne e lavoratrici come votare o la maternità, è giusto che anche le atlete possano essere lavoratrici dello sport a tutti gli effetti. Pensiamo a molte giocatrici che si infortunano e non hanno un’assicurazione a coprire, proprio per questo molte giocatrici si trovano a scegliere tra lavoro e calcio. Non pensiamo sicuramente di esserci montate la testa e di voler essere come le americane che lottano per l’equità economica ma serve a queste calciatrici per poter avere ciò di cui hanno bisogno, rientra nei loro diritti.”

Vive sempre dall’interno i big match, ci racconta qualche aneddoto particolare?

“Le cose che mi piacciono di più è come gli allenatori siano molto preparati tecnicamente, del rapporto che hanno in campo con le giocatrici che non è mai irrispettoso, il clima è molto più educato. Ciò che mi stupisce è la conoscenza di allenatrici e giocatrici delle lingue, riescono sempre a farsi capire. Aneddoti particolari al momento mi viene in mente Cristiana (Girelli ndr) che nella partita dello scudetto l’anno scoro a Verona a pochi minuti dalla fine continuava a passarmi accanto correndo sulla fascia dicendomi “io ti lavo” con l’intento di farmi i gavettoni, per fortuna sono riuscita a scappare per tempo (ride ndr).”

Se dovesse spiegare il calcio femminile a qualcuno che non lo segue, come lo descriverebbe?

“Per la prima volta non userei parole ma gli suggerirei di guardarlo. Io penso che il problema di molte persone sia il pregiudizio, suggerirei di mettere da parte ogni giudizio e pregiudizio e di guardarsi in tutta serenità la partita. Bisognerebbe essere capaci di cancellare dalla propria memoria tutto il calcio maschile visto e vedere il calcio femminile come se fosse la prima partita che vediamo. Mio figlio ad esempio non fa nessuna distinzione tra il calcio maschile e quello femminile. Bisogna notare i piccoli dettagli, è questo che fa la differenza. Sicuramente è un calcio meno fisico e veloce ma è comunque calcio, non bisogna fare paragoni. Mi piacerebbe portare mio papà a vedere una bella partita di calcio femminile e sarebbe Juve-Fiorentina, lui è tifoso viola e da quando c’è la Fiorentina femminile segue anche lui il campionato femminile. Il calcio femminile è una realtà diversa, senza stress, più tranquillo, è quasi come un rifugio. Anche raccontarlo è diverso, ci si approcia come se dovesse essere una cosa pura, che non va sporcata. Pulito, senza polemiche, bisogna raccontare ciò che succede, è una passione.”

Si ringrazia Alessia Tarquinio per la sua gentilezza e disponibilità.

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