Ronaldo: il dominio del Re che non voleva abdicare

Quando lo scorso 10 luglio venne gettata la bomba del passaggio di Cristiano Ronaldo alla Juventus, la critica calcistica era spaccata su due fronti diametralmente opposti: c’era chi sosteneva che il più prolifico marcatore della storia del Real Madrid non avrebbe avuto le stesse libertà nell’imporre il proprio assoluto dominio anche nel Campionato italiano. Altri, invece, pur volendosi auto convincere della tesi dei primi, nutrivano la consapevolezza che il contributo di Ronaldo nella Juventus avrebbe reso quantomai inutile qualsiasi aspirazione di vittoria da parte di chi non vestisse gli abiti della Signora. Una già consolidata tirannia che finisce nelle mani di un nuovo Re, vincente e carismatico. Un leader indiscusso, rispettato, punto di riferimento per chi gli sta intorno. L’epilogo non poteva che essere già scritto.

UNA GUERRA INEGUALE

Sotto un profilo meramente tecnico, non si può dire che alla Juventus servisse CR7 per vincere il Campionato. La sua presenza, però, ha reso la competizione una “guerra ineguale“, un gioco unilaterale in cui una parte ha concorso indisturbata per la più alta posta in palio, mentre le altre si sono divise i premi di consolazione. Sì, perché in una stagione a senso unico, l’unica soddisfazione concessa dal Portoghese è stata quella di permettere ai miscredenti di riempirsi la pancia delle proprie infondate convinzioni quando anche lui – non per demeriti personali – non riusciva ad imporre la propria legge.

Chievo, Lazio e Parma sono state le avversarie che hanno consentito a Ronaldo di entrare nel ritmo di un campionato nuovo, più ruvido, ma non per questo fuori dalla sua portata. Il Sassuolo è stata la prima vittima, a partire dalla quale il Sette non si è più fermato. Da quel momento, quando la Juventus aveva un problema c’era lui a risolverlo. Per questo motivo il campionato 2018/2019 è stato l’apoteosi di un dominio assoluto. Laddove la corazzata di Allegri rischiava di perdere punti, Cristiano, da leader che sa essere silenzioso e che sa quando alzare la voce, prendeva per mano i suoi e li portava alla vittoria.

JUVENTUS-NAPOLI E LA LEGGE DI RONALDO

La prima grande dimostrazione di ciò è stata data contro il Napoli. La grande partita da fenomeno di Ronaldo in Serie A. Quella in cui il suo apporto doveva essere determinante, e così è stato. Straripante, ingiocabile: il gol di Callejon fu la scintilla che scatenò una prestazione decorata da tre assist che hanno ancora il sapore di una tripletta. La qualità che lo distingue dal resto dei giocatori nel mondo è la capacità di percepire l’importanza di alcune gare e riuscire a ricevere dal proprio corpo il 100% dello sforzo fisico richiesto. Inevitabilmente, questo si traduce in prestazioni sempre eccellenti nelle grandi occasioni.

La gara contro il Napoli alla settima giornata si presentava già come un crocevia determinante per la lotta scudetto: in caso di vittoria, la squadra di Ancelotti si sarebbe portata a pari punti con la Juventus, rimettendo in equilibrio la classifica. Ecco, in questo ragionamento risiede la dimostrazione di cosa è stato Ronaldo per la Juventus in questo Campionato. Un motivo di crescita collettiva e un’àncora di salvezza nei momenti più ostici. È stato così anche ad Empoli, a Frosinone, a Bergamo, contro il Torino. Appuntamenti che verosimilmente hanno rischiato di far perdere per strada punti preziosi, quegli stessi punti che hanno determinato la vittoria anticipata di uno scudetto mai seriamente in discussione e che, in un certo senso, fa il conto con quello sofferto dello scorso anno.

L’incredulità di quel 10 luglio è diventata estrema consapevolezza. Il sogno che assume contorni reali, palpabili, ma forse poco umani. Perché Ronaldo, per quello che dimostra in campo, è quanto di più vicino alla trasposizione di un sovrano assoluto, perfetto. Intermediario tra l’umano e il divino, di cui si fa eccellente rappresentante.

Il Re non ha intenzione di abdicare, con buona pace di tutti gli “altri”.

Vincenzo Marotta

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