Concetti chiave del nuovo 4-3-3 di Max Allegri

Che Max Allegri fosse un amante dei cambiamenti avevamo già avuto modo di capirlo. State pensando alla futura moglie abbandonata sull’altare? Beh, forse è un esempio un po’ troppo estremo, però sì, potrebbe essere un’idea. Quello a cui però possiamo senz’altro fare riferimento è la tendenza a cambiare, a mutare la sua squadra durante lo sviluppo della stagione.

I TRE CAMBIAMENTI CRUCIALI DI MAX

Sassuolo-Juventus, Fiorentina-Juventus, Sampdoria-Juventus: tre tappe, tre cambiamenti cruciali.

La caduta nella trasferta di Modena segnò l’abbandono del 4312 ed il ritorno al 352, che spinse la Juve verso la conquista del quinto scudetto consecutivo dopo un avvio fin lì disastroso; la debacle toscana invece portò in dote la decisione del passaggio al modulo a quattro stelle che consolidò tecnicamente e psicologicamente la supremazia dei bianconeri.

Ed arriviamo così all’ultimo cambiamento, forse quello più inaspettato per certi versi. In seguito al tracollo di Marassi contro la Sampdoria (che ha portato a 14 il contatore delle reti subite in appena 13 partite), il tecnico della Juventus ha deciso di correre ai ripari irrobustendo il centrocampo mediante il passaggio al 433. Fatta eccezione per l’immediatamente successivo match casalingo contro il Crotone (rispolverato per l’occasione il 352), Allegri ha infatti inserito in pianta stabile un altro interno di centrocampo nell’undici titolare, a scapito di un esterno d’attacco. Sta proprio lì l’imprevedibile, ovvero rinunciare ad un giocatore offensivo proprio quando il mercato ne ha portati in dote ben due in aggiunta ai già presenti.

LE CARATTERISTICHE DEL 4-3-3 ALLEGRIANO

Il 433 di Allegri si discosta in maniera significativa da quello dei suoi colleghi, sia in fase di possesso che in fase di non possesso.

La fase di possesso dipende strettamente dalle caratteristiche degli uomini che vanno in campo: niente schemi precostruiti ed appresi passivamente, sono i titolari a determinare lo sviluppo dell’idea di fondo somministrata dall’allenatore, incentrata sulla gestione pulita del pallone e sulle uscite dalla difesa ad eludere le prime linee di pressione.

L’INVESTITURA DI PJANIC

Uno dei punti cardine (se non addirittura “il” punto cardine) del modulo allegriano è senz’altro Pjanic, che sembra aver ultimato il processo di trasformazione in regista basso: la sua pulizia di passaggio e i suoi tempi di giocata permettono il più delle volte l’elusione del pressing avversario. Senza voler togliere niente a nessuno, esiste una Juve con Pjanic ed una Juve senza Pjanic.

Non c’è 433 senza il prezioso contributo di Matuidi, vero motore della squadra divenuto ormai elemento insostituibile nell’economia del gioco bianconero: l’ex PSG, col suo dinamismo e le sue interminabili riserve energetiche, garantisce continui inserimenti in proposizione offensiva e assicura capacità di ripiegamenti profondi, conferendo solidità dietro e incisività in avanti.

IL TRIDENTE D’ATTACCO

Ma è sugli uomini del tridente d’attacco che occorre prestare maggiore attenzione: sono loro, infatti, a dettare le modalità con cui la Juventus attaccherà. Abbiamo assistito finora all’alternanza di Dybala, Mandzukic, Douglas Costa e Bernardeschi nel ruolo di “esterni”. Appare fin da subito evidente come i primi due della lista facciano sì che il tridente sia asimmetrico: alla Joya infatti viene data licenza di spaziare sul fronte offensivo, Mandzukic invece si comporta da punta aggiunta.

Se da una parte il croato priva la Juventus di dribbling ed inventiva, dall’altra assicura concretezza e sapienza tattica. Partendo da posizione defilata (volgarmente “ala”), Mario risulta un prezioso strumento per risalire il campo, scavalcare tutta la mediana e ritrovarsi quindi in posizione avanzata. Sullo sviluppo della manovra dalla sinistra, i suoi tagli a convergere verso il centro portano via il terzino destro dalla sua corsia di competenza liberando la fascia per l’inserimento del terzino sinistro (Sandro o Asamoah). che il più delle volte ha spazio per calibrare il traversone.

 Il taglio di Mandzukic verso il centro attira D’Ambrosio e scopre la fascia per l’incursione di Sandro

Quando invece l’azione si sviluppa da destra, il numero 17 taglia verso il centro dell’area andando ad occupare gli ultimi 16 metri in modo da provare a chiudere l’azione con una finalizzazione, che il più delle volte sfrutta il mismatch fisico che viene a crearsi proprio contro il terzino che lo ha in consegna.

Perfettamente contrapposto a Mandzukic è invece Douglas Costa: la funambolica ala brasiliana garantisce l’ampiezza e l’imprevedibilità propria dell’esterno del tridente. Con lui in campo il gioco della Juve è più improntato sui cambi di gioco in modo tale da isolarlo con il terzino avversario per consentirgli di scatenare l’uno contro uno, in cui ha storicamente dimostrato di essere devastante.

L’ex Bayern inoltre garantisce la possibilità di risalire il campo praticamente da solo, vista l’elevata rapidità in conduzione. Emblematico in tal senso è il gol vittoria contro il Napoli: dopo aver soffiato palla ad Insigne, Douglas porta palla eludendo l’intervento di Jorginho e, dopo averla scaricata su Dybala, opera un inserimento profondo in zona centrale che abbassa i due difensori partenopei creando lo spazio per la ricezione di Higuain.

LA FASE DI NON POSSESSO

La fase di non possesso è modellata sulla base delle caratteristiche degli avversari, ma qui occorre aggiungere una puntualizzazione: la presenza/assenza di Dybala. Quando il numero 10 gioca, sappiamo già a priori che la squadra in non possesso si disporrà con un 4411. Allegri, infatti, preferisce non costringere la Joya a ripiegamenti profondi per dare copertura al proprio terzino, motivo per il quale il quartetto di centrocampo viene impostato dall’arretramento dell’esterno opposto ed ultimato con lo scorrimento orizzontale di una mezzala a garantire la copertura dell’ampiezza. È questo un ulteriore punto che allontana ancor di più il 433 allegriano da quello di Sarri o Di Francesco, che al contrario “collassano” aprioristicamente in un 451.

 

L’assenza di Dybala invece fa sì che il 433 possa naturalmente ripiegare in una linea di centrocampo composta da 5 uomini in seguito all’arretramento intrinseco dei due esterni. Al di là di questa doverosa puntualizzazione, la fase difensiva della Juve si adatta alle peculiarità e ai punti di forza di chi si trova davanti. Esempi concreti ci vengono offerti dalle partite contro Napoli, Inter e Roma. Al San Paolo, conscia delle pericolose triangolazioni degli uomini di Sarri al limite dell’area, Allegri ha portato molti uomini a fare densità nella zona centrale del campo.

La densità portata dai bianconeri in zona centrale costringe il Napoli a dover passare dalle fasce e cercare il cross, situazione facilmente gestibile dalla Juve che può contare sulla supremazia fisica dei suoi difensori sugli attaccanti partenopei

Nel match casalingo contro i nerazzurri, tenuto conto dell’attitudine degli uomini di Spalletti nello sviluppo della manovra dalle corsie esterne, il tecnico livornese ha preferito difendere in superiorità numerica sulle fasce portando, oltre al terzino, l’esterno in ripiegamento e la mezzala a supporto, disponendosi quindi secondo un 451.

Arriviamo infine al match casalingo contro la Roma, in cui la Juventus ha difeso in maniera intermedia ai due casi analizzati poc’anzi. Giocando con un 4141 in non possesso, la Juve da una parte ha avuto modo di coprire le fasce con i raddoppi dell’esterno alto, dall’altra si è tutelata dalle percussioni centrali delle mezzali giallorosse dando alle proprie mezzali la possibilità di uscire in pressione grazie a Pjanic che, ponendosi qualche metro dietro, garantiva copertura dello spazio davanti la difesa.

Tre avversari diversi, tre modi diversi di difendere: in altre parole, il 433 pensato da Allegri non è un modulo integrale che vive di luce propria ma, al contrario, si rivela estremamente duttile e malleabile. Se sarà sufficiente a portare a casa il settimo scudetto consecutivo lo scopriremo solo vivendo.

A meno che ad Allegri non venga in mente di cambiare tutto, ancora una volta…

Claudio Gusciglio

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