È stato il derby di Max, è la Juve di Max: Allegri ci ha messo la faccia, il resto l’ha fatto il cuore

Il “dagli all’untore”, almeno per qualche giorno, forse si placherà. Probabilmente anche per questo, Massimiliano Allegri a fine partita era il più felice di tutti: ora potrà riporre le solite spiegazioni in un angolo, potrà finalmente tornare ad allenare. Al diavolo la retorica da allenatore-avvocato: adesso dategli il campo. E la routine. E i sorrisi.

LE SUE SCELTE – Li merita, sia chiaro. Non che in tutto questo saliscendi non abbia le sue colpe: anzi. Ma una vita da capro espiatorio dev’essere più dura di un’intera esistenza in qualche girone dell’inferno. Allegri ci gioca su, dice che fa parte del gioco. E lui sa giocare, altroché. Perché davanti alle palesi difficoltà, ne esce con le sue convinzioni. Su quella panchina, l’esterno che ha dovuto tollerare. Dentro, il trequartista che ha da sopportare. Che non è Oscar, sua richiesta; che non è Isco, messo a fatica al secondo posto della lista. Che è Hernanes: simbolo di come, certe volte, nel mondo del bianco e nero alcune sfumature vanno necessariamente colte.

LA SUA PARTITA – Nella notte di Halloween, la maschera di Max stempera tensione e brucia adrenalina. Poi però si fa tradire dall’ennesimo affondo della disillusione: è che la sfortuna, quando vuole, sa colpire senza pietà. Khedira a terra, fantasmi ovunque. Il suo piano di rivolta che dura otto miseri minuti: dentro allora una Vespa, stavolta poco truccata. Perché non sfiora i novanta sulla fascia, ma si chiude nel traffico davanti all’area avversaria. Scelta di Max, che dopo aver falsificato la verve da nueve di Dybala, ci riprova con il colombiano. Ancora una volta, a modo suo. No, Cuadrado per un po’ non suona neanche il clacson. Quello spetta a Pogba: con un destro magico la strada dei brutti pensieri si sgombra immediatamente. Pugni chiusi e vecchie sensazioni, e allora Allegri chiede calma e possesso. Ma senza schiacciarsi, senza avere la paura di poter nuovamente osare. Tra il dire ed il fare, c’è di mezzo la lunga sfilza di carenze di questa Juventus.

Allegri

LA SUA VITTORIA – Ecco: una stagione di nuvole non si cancella con un raggio di sole. Pogba torna a dominare il regno dell’imprecisione, Morata è vittima di un match di sacrificio che pian piano lo logora. E la sventura si trasforma in un sinistro imparabile di Bovo, calciato con una violenza simile a quella che Allegri vorrebbe sprigionare sull’indifesa bottiglietta posta a bordocampo. Il tempo scorre, anzi: sembra già scaduto. Per l’allenatore, per il treno europeo, per i sogni di rimonta. Resta qualche moto d’orgoglio a cui appigliarsi.
Dunque, dentro Mandzukic a fare sportellate. E poi Alex Sandro per Dybala. Come, Dybala? Sì, proprio lui. Due ali ed un ariete. Con quest’ultimo che raccoglie allacciandosi con il muro granata, con la palla che arriva ad Alex Sando su filtrante di Pogba. E con un cross del brasiliano che trova la Vespa in corsa. Dovevate vederla, quella maschera. Tutti i colori del mondo, ma un unico sorriso. Chili di pressione scaricati con tonnellate di adrenalina. Ed una smorfia piccola piccola, come a dire: forse non è tutto da buttare.

Non lo è affatto. E adesso dategli il campo. E la routine, e i sorrisi. Perché per tanti problemi ancora da risolvere, Allegri ha sciolto il più spinoso: ha ridato il carattere. Buon proseguimento, allora. Perché dalla prossima servirà anche il gioco…

Cristiano Corbo

Impostazioni privacy