Szczesny ha appena costruito una bellissima porzione di futuro

Lui lo sa. Lo sa che sta andando tutto bene. E sa pure che non sarà facile, che ad ogni prestazione corrisponde una diretta e precisa conseguenza. Che non sarà sempre un pavido Schick a trovarglisi di fronte, che in certe sere il calore dei tifosi non finirà per sovrastare il freddo del numero uno. Figurarsi il gelo del post Buffon.

Eppure, Szczesny ha appena costruito una bellissima porzione di futuro. L’ha fatto scandendo i secondi in cui era libera la posizione di eroe dei fumetti: il resto è stata una catena strettissima di conseguenze. Ha inviato il curriculum vitae, ha sorriso di quel sorriso di chi sa di ricevere una telefonata, ha quindi svolto una dimostrazione sul campo. Che decide lui, solo lui, incontrovertibilmente lui. Infine ha vinto un doppio appuntamento con la propria sorte. Chi ha pagato il conto non è dato saperlo

UFFICIO FACCE

Ma vale la pena analizzarlo, quel sorriso. Che s’accompagna al pugno chiuso sotto la curva, che s’allarga, che fa inarcare le sopracciglia, che possiede il momento. Che se lo gode. Tutto. Perché tutto c’è da godere. Che spalanca il domani e lo fa tipo finestra su pianura verde e cielo limpido. Che trasuda quella roba lì, quella che tutti aspettiamo da un momento all’altro, quella che rincorriamo quando andrebbe solo affrontata in uscita bassa e senza timori reverenziali. Per poi, d’un tratto, incrociare il destino di un pallone sanguinosamente perso e farsi cadere addosso tutte le paure di un pareggio all’ultimo istante.

Ecco, che bello essere ripetitivi se c’è il calcio di mezzo. Ecco, che bello parafrasare la vita se c’è un lieto fine pronto ad attenderti. Juve e Roma hanno fornito uno spettacolo diverso, ma non si è mai trattato di tattica, di storie, d’intrecci di campo. Si giocava con la vita. E si parlava, poi, di vita. Degli ex che stanno meglio di te, dell’amarsi che non basta mai. Della perenne paura del futuro esorcizzata in un nano secondo, che è il cross teso sul primo palo più bello della sorte.

CI VUOLE MOLTO CORAGGIO

Stamattina Szczesny si sarà alzato presto. Avrà preso in prestito un paio d’istanti dalla diretta emozionale di ieri sera, li avrà rivissuti con la calma che può offrire una notte d’adrenalina alle spalle. Poi ha chiuso il portone dei pensieri: è ripartito. Senza far grinze, senza far proclami. Solo, di tanto in tanto, ripercorrendo un po’ di brividi. Che è sempre bello quando e se non ne abusi. Che è come baciare la ragazza del liceo di lunedì mattina, sette in punto, in una metro super affollata.

Oh, tutto questo per dire cosa: che di risposte ne avevamo bisogno tutti. Addetti ai lavori, società, Wojciech su tutti. Non che non si sentisse in grado: le qualità non nascono in una notte di freddo e gelo e miracoli. Ma appartenersi, che è una gran parola ‘appartenersi’, che ha tanti significati e tutti belli, ecco, appartenersi è tutt’altra cosa.

Szczesny, in uscita bassa, al novantaquattresimo minuto, contro Schick e un po’ di timore, ci ha ricordato perché è tremendamente bello stare a questo mondo. Quello bianconero, s’intende.

Cristiano Corbo

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