La solitudine dei numeri 27

Fino a qualche anno fa (molti per la precisione ma preferisco dire qualche), quando ti davano un numero sopra l’11, c’era solo un significato possibile: stai in panca ragazzo. O ragazza. Se poi ti capitava la 27, auguri e tante belle cose. Questo perché, una volta, il numero diceva chi sei: il 9 la prima punta, il 10 il fantasista, l’1 il portiere, e altro che i nostalgici ricordano. Il 27 non ha alcuna storia dietro di sé: nel calcio nessuno sogna di indossare quel numero. Neppure in quello moderno, così vuoto e slegato da questo romantico punto di vista.

Stefano Sturaro quando arriva alla Juventus si prende il primo numero disponibile e non fa discussioni: quando giochi nella Juventus e sei il ragazzino ultimo arrivato, giochi anche con il nome sbagliato o senza numero. Giochi e ringrazi chi di dovere. Se giochi. La strada non è certo piena di tappeti srotolati davanti a te con petali di rose e trombettieri ai lati ad accompagnare il lieto evento. Al massimo qualcuno che ti dà forza e coraggio, ma solo a breve termine; la pazienza ha una durata soggettiva, ma non molto lunga.

Sturaro è il giocatore più criticato della squadra, neppure l’arrivo di De Sciglio è riuscito a togliergli questo triste primato. Questo anche e soprattutto perché Mattia sta prendendo confidenza con la nuova avventura bianconera e sta lentamente ma inesorabilmente conquistando i suoi nuovi tifosi. Di conseguenza, il ruolo dello “sgradito” spetta a lui, Sturaro con la numero 27, con il marchio di quello che ha segnato al Bayern Monaco e quello che ha salvato la gara col Real Madrid. Ma anche quello che fa crollare la qualità e perde tanti, troppi palloni, senza avere grande qualità palla al piede. Il buon Sturaro è messo in mezzo da due fazioni opposte: chi lo vuole mandare via il prima possibile e chi invece lo difende, lodando la sua grinta e il suo carattere, oltre alla sua duttilità (ovvero giocare dove vuole il mister). Ciò significa essere nella griglia ogni volta che i tuoi scarpini toccano il campo: ogni volta è una chiamata alla conferma, ogni volta il ritorno alla gloria. Il rischio però, è di tornare a casa con la delusione nel cuore.

Oggi Stefano torna a giocare da titolare e per tutta la durata dell’incontro: una vera e propria rarità, vista la sua non titolarità e Allegri che spesso e volentieri lo sostituisce nel secondo tempo. Lo fa nel suo ruolo e nel suo modulo preferito, quel 4-3-3 in cui può ringhiare sugli avversari, inserirsi a palla lontana e correre a più non posso. Strano a dirsi ma è andato due volte vicino al gol: uno in modo casuale, l’altro sprecando un passaggio che sarebbe potuto essere tranquillamente un tiro in porta. Ha recuperato molti palloni, ha giocato a tutto campo e lo si è visto molto spesso tentare agganci aerei degni di un ninja. Tentare, bene specificarlo. Si prende un po’ di botte, soprattutto ne dà, ma sempre rimanendo nei binari del lecito. Spesso è l’uomo in più in attacco, si muove bene. Sembra di descrivere la partita perfetta, ma non lo è. Ci sono ancora quegli errori sui passaggi (meno del solito) e qualche licenza di attaccare un po’ libertina concluse con la perdita del pallone.

Oggi e domani nessuno parlerà della sua partita, in quanto non ha fatto brillare gli occhi. Tutti tranne chi si trova qui in questo momento, ovvio. La solitudine di chi rimane fuori dalla memoria altrui è una brutta bestia. I numeri 27 non vengono ricordati spesso, serve qualcuno ad incoraggiarli. Ad esempio chi è nato quel giorno, o chi li indossa.

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