Nazionale: orgoglio per il calciatore o limitazione per i club?

Un altro infortunio, l’ennesimo. Stavolta è toccato a Mario Mandzukic, uno che, come ammesso dall’allenatore della nazionale croata, ha una sopportazione del dolore molto alta. Dunque, se si è fatto male persino lui… E a questo punto tornano i soliti interrogativi che invadono il web durante le due settimane di sosta per gli impegni delle squadre nazionali: queste partite servono davvero? I club dovrebbero essere più tutelati? Oppure dovrebbe prevalere l’amor patriottico di ogni atleta?

RIMBORSO FIFA

La FIFA, da un po’ di tempo, ha previsto un Programme fino al 2018 in cui vengono stanziati 80 milioni di euro all’anno: l’indennizzo per ogni giocatore non può superare i 7,5 milioni annuali e i 20.548 euro giornalieri e viene calcolato dividendo lo stipendio lordo per 365 e poi moltiplicando per i giorni di assenza per infortunio (ma con una “franchigia” dei primi 28 giorni di stop, che vengono sottratti dal computo). E gli altri? Nessun rimborso, per via della franchigia di 28 giorni poc’anzi citata: i giocatori devono essere indisponibili per almeno un mese.

ONORE E SENTIMENTO

Il club paga gli stipendi dei calciatori e vedere i propri atleti tornare con i cerotti dagli impegni intercontinentali fa sicuramente male. Che poi gli infortuni avvengono anche durante un semplice allenamento è un altro paio di maniche: lì i club e lo staff combattono una battaglia a sé, che vede soltanto loro come protagonisti. A parte quest’indennizzo FIFA, infatti, non è previsto alcun aiuto per le squadre che perdono i propri tesserati: fa sicuramente male rinunciare a giocatori importanti in partite decisive, magari proprio per via di partite con le Nazionali capitate al momento “sbagliato”. È stato il caso di Milik e Pjaca l’anno scorso, per esempio: il croato ha dovuto rinunciare alla parte cruciale della stagione bianconera per via di un infortunio al crociato dal quale sta rientrando soltanto adesso.

Resta il fatto, però, che rispondere alla convocazione in nazionale è un onore per ogni calciatore: rappresentare il luogo dove si è nati e cresciuti non ha eguali nello sport. Vien da sé che non è nemmeno pensabile che un atleta si rifiuti di fare questi viaggi (pesanti certo, ma sicuramente appaganti), anche se magari sei nato in Spagna e vai a fare due gite sportive in Macedonia ed Israele.

SPOSTARE GLI IMPEGNI DELLE NAZIONALI

Sarebbe un’idea? Forse. Irrealizzabile? Probabilmente. Significherebbe concentrare la stagione dei club in 7 mesi circa, le qualificazioni a mondiali ed europei in un paio e lasciare un altro mesetto per disputare le competizioni ufficiali. Con buona pace delle squadre e dei loro tesserati e – diciamocelo – anche di quel Fantacalcio che ormai sta spopolando a macchia d’olio. Ma capite bene che tutto ciò è destinato a restare un’utopia: l’equilibrio del mondo del calcio è questo, sconvolgerlo rischierebbe di portare altri danni.

Dulcis in fundo, non resta che sperare nella scorza dura di Mario Mandzukic.

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