Non è il momento più difficile del calcio italiano

Se ne leggono di cotte e di crude in giro, soprattutto dopo le sconfitte. Ci si trasforma, quasi magicamente, da esaltatori a distruttori con una facilità paurosa: ce la si prende indistintamente con il singolo e con gli insiemi. Dybala non è Messi e non lo sarà mai, ma ciò non significa che non sia un potenziale fenomeno del calcio. Soltanto per fare un esempio. Il calcio italiano ha steccato – è vero – nella prima due giorni di Champions League, ma esistono motivi saldi per credere che, a dispetto di quanto si dica, questo non sia il suo periodo peggiore.

MAI COSÌ MALE DAL 1999

Il calcio italiano, negli ultimi anni, spesso e volentieri è stato etichettato come morto. In Champions, però, una bella figura all’esordio non è mai mancata. Per trovare un inizio peggiore bisogna risalire alla stagione 1999-2000, anno in cui la Champions è stata allargata a 32 squadre (e le italiane hanno aumentato i posti da 2 a 4): Lazio, Fiorentina e Milan ottennero 3 pareggi al debutto. Eppure, i motivi per provare a sorridere (e sperare) ci sono…

2 FINALI IN 3 ANNI

Parlano i numeri. È ovvio che i tifosi bianconeri non si accontentano del raggiungimento della finale, ma arrivarci due volte nell’arco di tre stagioni è sicuramente sinonimo di crescita a livello europeo. 5 mesi fa, a Torino, la Juventus annientava il Barcellona della MSN, schierandosi con uno spregiudicato (per molti) 4-2-3-1 e mettendo in mostra l’astro nascente Dybala. L’altro ieri, al Camp Nou, le cose sono andate in maniera diametralmente opposta: vuoi per la miglior forma dei blaugrana, vuoi per le importanti assenze in casa Juve, vuoi per una fragilità mentale che – fino al secondo tempo di Cardiff – la squadra di Allegri sembrava aver definitivamente sconfitto.

La Juventus del post-Calciopoli ha avuto come unico scopo quello di tornare tra le grandi del calcio: ci son voluti degli anni, ma i risultati sono arrivati. Non al 100%, ma almeno al 99 sì: ciò che consola è che, in casa bianconera, non si può vincere mai solo un po’. Quindi, senza vittoria finale nella coppa dalle grandi orecchie, la dirigenza sarà la prima a sentirsi insoddisfatta, anche più della tifoseria.

FINALMENTE UNA ROSA LUNGA

Quando il Napoli batteva il Chelsea nella Champions del 2012, si respirava un grande timore per il ritorno: la sensazione (giustificata e subito confermata) era che la rosa corta dei partenopei non avrebbe potuto regalare fortune alla lunga. Lavezzi, Hamsik e Cavani erano campionissimi, ma mancavano le alternative: per questa ragione, il compito primario del Napoli negli anni successivi è stato quello di allungare la panchina.

Ed ecco che, per la prima volta dal ritorno tra i grandi, il centrocampo del Napoli può vantare 6 potenziali titolari: capitan Hamsik, i registi Jorginho e Diawara, una mezzala di corsa e grinta come Allan e due gioielli del calibro di Zielinski e Rog. È andato via Higuain? Poco male, esplode Mertens e, con Insigne e Callejon, il tridente è davvero coi fiocchi. Senza dimenticare Milik.

L’unica pecca, forse, è la coperta corta in difesa: Maggio non dà le garanzie di una volta in caso di forfait di Hysaj, Maksimovic e Chiriches sono spesso infortunati e Albiol (non più un giovanotto) e Koulibaly devono fare gli straordinari.

La battuta d’arresto di Kharkhiv è di quelle brutte perché inaspettate, ma non vanno fatti drammi: Sarri è un maestro di calcio, la sua squadra sembra pronta per il grande salto e, nelle restanti 5 gare del girone, saprà compiere lo scatto decisivo. Gli allarmismi sembrano esagerati: il problema sta nell’approccio al match, ma si può soltanto migliorare

POCHE VELLEITÀ, MA CON SCHICK E PELLEGRINI…

Tra le tre italiane impegnate in Champions, quella che sembra più indietro è sicuramente la Roma. E non solo quest’anno. Anche con Spalletti (e una squadra quadrata e piena zeppa di classe), ciò che è mancato è stata la mentalità: troppe sconfitte pesanti, troppi fallimenti ingiustificati (secondo tempo di Lione) e poche aspettative per il futuro. Adesso la società vuol costruire lo stadio di proprietà: chissà che con quegli introiti qualcosa potrà cambiare…

E poi i giovani. Pellegrini è il futuro roseo del centrocampo italiano, Schick un talento purissimo destinato a fare strage di cuori (di tifosi e non solo). Ma la squadra, al momento, non sembra digerire più di tanto le idee di Di Francesco.

E ATTENZIONE ALLA LAZIO…

Forse la pagina più bella di questo periodo storico, assieme all’Atalanta (ma non esultiamo in anticipo…). Inzaghi ha le idee chiare, porta a casa gioco e risultati e i biancocelesti sembrano aver poco da invidiare alle ‘grandi’. Tranne che una rosa un po’ più lunga, perché un raffreddore a Milinkovic, De Vrij o Immobile potrebbe esser difficilmente superabile. Ma ci sono tante ragioni per essere ottimisti: questo giovedì di Europa League potrebbe dare qualche risposta in più.

 

La tecnica, in Italia, c’è: non è il periodo peggiore del calcio nostrano (ricordate il post-Mourinho? I club italiani non erano nemmeno considerati…), ma qualcosa nella mentalità, nell’approccio alle partite va cambiato. Altrimenti l’Europa correrà sempre più veloce e i nostri club non potranno far altro che agganciarsi, pesantemente, al retro.

 

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