Champions, le avversarie della Juve: l’anno zero del Barcellona di Valverde

C’era una volta una squadra che dominava in lungo e in largo in Spagna ed in Europa, con la tecnica del “Tiki Taka“, firmata dal condottiero Pep Guardiola e diventata arte di difficile imitazione. Tuttavia tre Liga, due Coppe di Spagna, tre Supercoppe, due Champions, due Supercoppe Uefa e due Mondiali per club non bastavano ancora.  Un altro uomo, incompreso in Italia ma rivalutato nella sua terra ispanica, chiamato Luis Enrique, ha dato un seguito a questa storia vincente. Un altro, straordinario, triplete nel 2015. Adesso, questa illustre storia a tinte blaugrana è arrivata ad un punto davvero critico, in bilico tra Il successo e l’oblio. Queste sono due realtà all’apparenza distinte e distanti anche se il passo dall’uno all’altro è spesso breve e doloroso. A “El Txingurri” Valverde il difficile compito di far pendere il suo Barcellona verso il lato più giusto.

LE CONSEGUENZE DELL’ADDIO DI NEYMAR

L’ex tecnico dell’Athletic Bilbao si è trovato subito la strada in salita. La cessione di Neymar al Psg per la modica cifra di 222 milioni di euro è stata una perdita importante sotto molteplici punti di vista. Innanzitutto non è un caso se Javier Tebas, presidente della Liga, aveva provato a mettere il veto al trasferimento più clamoroso della storia del calcio. Enorme è infatti la perdita di fascino di uno dei principali campionati europei, privato della sua stella. Ciò non toglie che a Madrid, sponda Real, più di qualcuno si sarà compiaciuto di questa cessione. Inevitabile infatti è l’indebolimento degli eterni rivali blaugrana. Già nell’ultimo anno di Luis Enrique in effetti la squadra non è apparsa esplosiva come al solito. I quarti con la Juve parlano chiaro d’altronde: tre gol subiti e zero fatti contro i bianconeri, battuti in finale a Berlino appena due stagioni prima. Inevitabile sarà ora il ridimensionamento a livello tecnico e, soprattutto, di blasone europeo.

IL BARÇA PERÓ CORRE AI RIPARI CON DEMBELÉ

Il Barcellona è però corso ai ripari, spendendo quasi 150 milioni per Dembelé del Borussia Dortmund. Premessa: non inganni la discutibile presentazione davanti al Camp Nou. Stiamo parlando di un fenomeno, capace di arrivare, da protagonista, in Catalogna dopo soli due anni di professionismo.  La domanda giusta è: sarà in grado di fare meglio di Neymar? Difficile onestamente, almeno nell’immediato. Affibbiare l’eredità del brasiliano ad un classe 1997 potrebbe essere una mossa azzardata. Certo, la squadra di Valverde non è e non sarà mai Dembelé e basta. Stiamo pur sempre parlando di un gruppo di campioni tra cui Suarez e Messi, il più forte al mondo. Tuttavia è prevedibile che lo scioglimento della MSN comporterà una variazione negli schemi di gioco degli spagnoli ed il solo Dembelé non può bastare a colmare questo vuoto.

IL SOGNO ERA COUTINHO

Tutt’altra cosa sarebbe stato lo sbarco di Coutinho alla corte di Valverde. L’ex Inter è cresciuto tantissimo in Inghilterra sotto l’aspetto tecnico ma anche tattico. Durante l’esperienza interista, quel ragazzino dal fisico esile e debole non aveva una posizione precisa nello scacchiere nerazzurro. Stramaccioni era arrivato addirittura a farlo giocare in mezzo al campo. Uno spreco viste le sue caratteristiche. Poi, l’esperienza Reds e la trasformazione: da brutto anatroccolo a cigno bellissimo. Klopp gli ha dato finalmente un ruolo: il trequartista. In questa parte di campo Coutinho ha avuto più liberta di gioco, fenomenale nello stretto, si è reso protagonista per la sua capacità di vedere la giocata. Nel suo primo anno di Liverpool è stato il giocatore in grado di realizzare più passaggi chiave nella Premier. A queste doti possiamo aggiungere inoltre una buona vena realizzativa (13 gol nella scorsa stagione). Sicuramente il brasiliano era il più adatto al gioco del Barcellona. Inutile negare, da amanti del calcio, che questo ragazzino privato troppo presto dal calcio italiano avrebbe meritato, dopo tanti infortuni e momenti difficili, la consacrazione. Tanto meglio per la Juve, una minaccia in meno da affrontare durante la fase a gironi.

RIPARTIRE DAI FENOMENI BLAUGRANA

Valverde dovrà quindi accontentarsi, si fa per dire, di Dembelé. L’acquisto dell’ex giocatore del Rennes è mirato anche a compiere un’opera di svecchiamento della rosa. In effetti, senza contare i tanti talenti de La Masia blaugrana, gli attori principali di questo Barça toccano, o superano, tutti i 30 anni. Pensiamo, ad esempio, ad Iniesta, Piqué, Suarez o lo stesso Messi. Ciò non toglie che toccherà proprio ai suddetti fenomeni trascinare la squadra in questo momento di transizione. Il protagonista non può che essere lui, “el diez”, il più forte di tutti, supportato dal compagno di reparto uruguaiano e dai punti fermi del centrocampo, Iniesta e Busquets. D’altra parte, è questo lo scomodo ed esaltante compito allo stesso tempo che spetta ai veri fenomeni. Sicuramente non sarà facile visto che, con la partenza di Neymar, come detto, cambia il gioco del Barça. Con l’attuale giocatore del Psg, il centrocampo era meno coinvolto e predominavano le verticalizzazioni alla ricerca del trio micidiale là davanti. Adesso che il trio è diventato duo, starà a Valverde dare un’identità a questa squadra che rimane ancora un mistero. Alla Juve il compito di svelarlo per rivivere certe emozioni, come quella indimenticabile notte di aprile allo Stadium.

 

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