Spogliatoio spaccato, anzi no

Tutto ebbe inizio, o forse fine, o forse fine e poi di nuovo inizio, in quella maledetta sera del 3 giugno scorso a Cardiff. Domani saranno due mesi esatti, eppure quella partita è ancora lì, brucia ancora maledettamente. E quella frase del telecronista, “Asensio 4-1, è finita” continua a riecheggiare negli incubi dei tifosi. Due volte in tre anni in finale, due volte in tre anni sconfitti, e quest’anno con tutto l’ulteriore fastidio derivante dalla maggior consapevolezza rispetto al 2015, con serie speranze di vittoria che si sono tramutate in dramma sportivo.

PUNTO DI ARRIVO

La cosa che ha fatto preoccupare molto i tifosi, oltre allo sgomento per la sconfitta sonora e bruciante, è stato lo strascico di quella partita, con le voci che hanno iniziato a rincorrersi dai primissimi giorni dopo l’incontro di un grosso litigio all’interno dello spogliatoio nell’intervallo, che sarebbe stata la causa, tra le altre cose, del rientro anticipato della squadra sul campo per l’inizio della seconda frazione di gara. Da lì sono partiti i romanzi, ne sono state dette e contraddette di ogni colore, e da lì sono scaturite le partenze di Dani Alves prima e Bonucci poi. Con gli inevitabili strascichi di polemiche riguardo una smarrita unità d’intenti, quel cameratismo di spogliatoio fondamentale per cementare il gruppo e costruire le vittorie. Si è parlato di ceffoni volati, di parole grosse urlate in faccia, e poi di sceneggiatura da film per smontare le polemiche. Qualcosa di sicuro è successo, e la conferma è stata proprio l’addio di Bonucci (più che quella del “personaggio” Alves). Poco dopo la partita Alvise Cagnazzo, corrispondente per il “The Sun”, pubblicò un post che recitava così: “qualcuno ha chiesto la testa di qualcun altro, e la Società non si è strappata i capelli”. La partenza del numero 19 a stretto giro di posta dal rinnovo di Allegri sembrano aver svelato chi erano il soggetto e l’oggetto di quel periodo. Ma il problema sembrava maggiore, sembrava che lo spogliatoio fosse completamente spaccato e che da lì a poco ci sarebbe stato un fuggi fuggi generale dovuto a questo ipotetico clima irrespirabile.

PUNTO DI PARTENZA

Invece non è andata così. Anzi. Ci teniamo a sottolineare come il clamore della partenza di Bonucci abbia molto oscurato l’arrivo di Douglas Costa pochi giorni prima, un arrivo di primissimo piano come confermato niente meno che da Ribery e Rummenigge. E che la “corsa alla Juve” non si sia assolutamente fermata: non solo i giocatori che ci sono non hanno nessuna intenzione di andarsene, ma continua l’incredibile appeal della “Signora” verso gli uomini mercato. Le testimonianze sono tante: una è già in casa bianconera, ed è quel Federico Bernardeschi che sta facendo sognare tanti tifosi. Ha voluto fermamente la Juve, a costo di prendersi un mare di insulti dagli ormai suoi ex tifosi viola; è il caso, eclatante, di Patrick Schick, che nonostante tutte le problematiche e le polemiche seguite al suo mancato ingaggio a seguito delle visite mediche continua a temporeggiare in attesa che i bianconeri ribussino alla sua porta (nuove visite permettendo); è il caso, infine, di Keita Balde, talentuosissimo esterno della Lazio che ha più volte dichiarato, anche lui, di volere solo i bianconeri. Che, peraltro, nel corso della tournée americana non hanno mai smesso di postare foto, filmati e storie sui vari social networks a controdimostrazione di come invece il gruppo sia più unito che mai e abbia fatto di tutto per integrare subito anche i nuovi, con karaoke, scherzi e gran sorrisi per tutti.

La verità, come sempre, sta un po’ nel mezzo. Sicuramente gli strascichi post Cardiff devono aver pesato non poco anche sui giocatori e non solo sui tifosi, con inevitabili malumori conseguenti. Ma si aveva, e si ha la consapevolezza di essere nel mezzo di un cammino e non al capolinea. E con questo spirito l’idea di arrivare davvero a Kiev potrebbe non essere solo un’idea.

Dario Ghiringhelli (@Dario_Ghiro)

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