In fondo, questo è lo scudetto di Max

Il sorriso più grande, a fine partita, ce l’ha proprio Massimiliano Allegri. Ce l’ha lui perché il peso delle parole, per un solo istante, si è sciolto nel mare di emozioni che un pomeriggio di fine maggio ha saputo suscitare. E perché quel volto così disteso, in fondo, oggi ha serrato le ventate di pressioni nella teca in cui si custodiscono le vittorie.

Ha vanificato i parolieri, poi. E chiuso tanti e piccoli cerchi in una stagione bella ma particolare, importante ma che può diventare perfetta. E allora, quell’espressione di Max, sembra la solita corsa tra pensieri e sensazioni, con i primi che si staranno rincorrendo veloci, forti, senza paura. Altrettanti quest’oggi staccheranno il numerino per accorrere nella sua mente: inevitabilmente, torneranno frasi e immagini, vittorie e gioie. Di tanto in tanto, qualche momento di sofferenza. Propedeutico, sì: perché non ogni casa si costruisce con fondamenta di successi.

Oggi, paragoni con il passato, non se ne fanno più; oggi il mondo Juve non è solo un posto migliore: gli appartiene di diritto. Così come la storia, che si fa e non si dice, che si vive e non si racconta. Che l’ha scritta, mai l’ha letta. Che ha saputo cambiare quando ce n’era bisogno, che ha saputo mantenere quando non occorreva aggiungere nessun’altra pagina.

IL CAMBIO IN CORSA

E chissà se il primo pensiero sarà proprio rivolto a quel Juve-Lazio che ha cambiato tutto, che ha portato tutto. E chissà se ritorneranno quei discorsi fissi, lineari, con tanto di battute e mezzi sorrisi volti a stimolare. Chissà se ritornerà anche un po’ di sana incazzatura per le battute sul mancato gioco, per la mancata brillantezza a fasi alterne. Per il completo oblio davanti ai risultati, arrivati sempre e comunque.

Per Allegri, uno schiaffo al lavoro, al sacrificio, alla professionalità dei suoi ragazzi. E poi al doppio gioco degli esterni, allo stoicismo di una difesa che non ha mai saputo spegnersi. Alla costanza meravigliosa di Khedira, alla stessa di Pjanic (sebbene acquistata con gradualità); all’immortalità del suo portiere e alla qualità di una coppia di attaccanti devastante. 

Perché no, non bastava solo buttarli lì in avanti, dargli in mano manovra e responsabilità offensiva: toccava anzitutto stimolarli, abituarli alla fatica necessaria per diventare grandi. Svuotare pance e menti, proiettare il futuro in un unico obiettivo. Uniti, in campo e fuori. Con cinque stelle in avanti ad illuminare un cammino oggi completamente irradiato dalla fame. Di tutti. Ma specialmente del suo allenatore.

LE SITUAZIONI SPINOSE

Questa però è una vittoria che va condivisa: tra il tecnico ed il tattico, in mezzo c’è sempre l’Allegri gestore. Di uomini forti, di personalità spesso sconfinanti, di campioni di tutto e per questo col carisma dei leoni. Prima Evra, poi Bonucci: no, non è stata la solita passeggiata. Perché se qualche mugugno del francese è stato messo a tacere con un’inevitabile cessione, il litigio con Leo ha forse strascichi ancora oggi. E chissà che non ne possa avere anche sul mercato.

Tant’è: ha ragione chi vince, nel bene e nel male. E ha ragione Max, e ne ha avuta anche quando ha spedito in tribuna il centrale nella partita più importante. Senza titubare, con l’animo giusto per salvaguardare un gruppo che è sempre stato anteposto a tutto: alle vittorie, alle sconfitte, alle bizze quotidiane. In questo senso, ha necessariamente imparato anche Dybala. Facendone enormemente tesoro.

LA SUA VITTORIA

Perché è la sua vittoria? Perché finalmente è stata la Juve di Allegri: mai aggrappata ad un singolo, ma solo al suo allenatore. Tenace nell’uscire a testa altissima da emergenza infortuni e di gioco, abile nell’impedire alla fretta e alla frenesia di contagiarlo, sempre e comunque rimasto nel limbo delle frasi opportune (però mai scontate).

Se non è perfezione questa, potrà presto diventarlo. Come quel sorriso: oggi grandissimo, il più grande di tutti. Ma con un velo d’attesa: come se quel che è dovesse ancora esserlo del tutto, definitivamente.

Quanto corrono, i pensieri. Quasi quanto le attese, le emozioni. I sogni sono già un bel pezzo avanti, vero: per raggiungerli, forse, bastava solo andare ‘al Max’.

Cristiano Corbo

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