I 60 anni di Marotta, fiore all’occhiello di una rinascita in stile bianconero

Una delle principali ragioni per cui la Juventus è riuscita, in così poco tempo, a tornare alla ribalta nel calcio italiano è sicuramente l’organizzazione societaria. Non solo il pragmatico manager Andrea Agnelli, non solo il carismatico vicepresidente Pavel Nedved: gran parte del merito va attribuito alla maniacale attenzione impiegata dall’amministratore delegato Giuseppe Marotta in ogni operazione portata a termine. In compagnia dell’immancabile braccio destro Fabio Paratici, ovvio: loro sono l’alfa e l’omega della Madama post Calciopoli.

E oggi, nel giorno del 60° compleanno di Marotta, è ancor più giusto sottolinearne l’incredibile contributo ai fini della causa bianconera: eccovi un sunto della sua storia recente.

GIUGNO 2010: INIZIA UNA NUOVA VITA… A STRISCE BIANCONERE

Il 1º giugno 2010 Beppe Marotta approda alla Juventus come direttore generale; il successivo 27 ottobre entra nel consiglio di amministrazione del club e viene nominato amministratore delegato. Tra le sue prime operazioni in bianconero è sicuramente da evidenziare con il giallo più fluorescente che c’è l’acquisto di Andrea Barzagli: 300.000 euro per una Roccia del genere… Beh, chapeau. Nella stagione 2011-2012 (quella del primo scudetto di Conte) si assicura due pezzi da novanta per il centrocampo: Andrea PirloArturo Vidal, veri e propri leader in un campionato praticamente perfetto, chiuso senza alcuna sconfitta.

Nell’anno successivo, i colpi sono apparentemente pochi (Asamoah e Isla sono i più costosi), perché in pochissimi erano a conoscenza delle enormi qualità di Paul Pogba. Preso a parametro zero dal Manchester United, rivenduto – la scorsa estate – per 105 milioni (cifra record nel mondo) allo stesso club inglese. Anni di magie pure a Torino, chiusi con la plusvalenza più grande della storia: what else?

Il processo di crescita dei bianconeri è evidente: le vittorie arrivano puntuali, i campioni tornano ad essere attratti dalla causa e l’entusiasmo tra i tifosi è assolutamente contagioso. Dopo il secondo scudetto, l’obiettivo della società è rinforzare l’attacco, anche perché, tra BBC in difesa e un centrocampo da sogno, formato da Pirlo, Vidal, Marchisio e Pogba, quello è l’unico reparto – per così dire – “carente”. Conte chiede profili pronti anche a livello internazionale, Marotta risponde con Tevez a prezzo di saldo e Llorente a costo zero: ancora una volta ha fatto centro. E il risultato è che, nel 2013-2014, la Juve batte il record di punti conquistati in un campionato (102). Niente male…

 

Dopo la separazione, dolorosa ma dovuta, con Conte, il nuovo allenatore è Allegri: i timori sono tanti, ma la dirigenza ha piena fiducia nel tecnico scelto. E i risultati danno ragione, a tutti. L’ex Milan conquista altri 2 scudetti dopo i 3 vinti da Conte e, come se non bastasse, vince la decima (è arrivata la stella d’argento: primo club in Italia) e l’undicesima Coppa Italia. Allegri vede partire gente come Pirlo, Vidal e Tevez (tutti per proprie esplicite richieste: la Juve asseconda sempre la volontà del singolo), rimpiazzati da Khedira (anche lui a costo zero) e Dybala, affiancato dalle altre due punte Morata e Mandzukic. Sembra una Juve più giovane e meno pronta quella che affronta la stagione 2015-2016 ma, dopo due mesi difficili, l’unica parola conosciuta all’interno di Vinovo torna ad essere “vittoria“.

QUALCHE RICONOSCIMENTO PERSONALE

Nel frattempo Marotta, nel 2014, era stato inserito nella Hall of Fame del calcio italiano nella categoria Dirigente italiano. E, a completare un mandato da sogno, salvo pochi errori iniziali, nell’ultima sessione estiva di mercato è arrivata l’acquisizione di Gonzalo Higuaín dal Napoli per 90 milioni, che è diventata l’operazione in assoluto più onerosa nella storia del calcio italiano.

Marotta – e la società in toto – è l’esatta dimostrazione che per vincere e rivincere non bastano i buoni giocatori: serve un’alchimia molto speciale. Ripetersi sembrava impossibile, ma la realtà dei fatti dice che la Juve vince ininterrottamente da più di 5 anni (e non sembra essere satura…). Grazie al pragmatismo di Agnelli e alla disponibilità economica di John Elkann, la Juventus è riuscita a mettere a posto il bilancio, trovando anche il modo di autofinanziarsi: poco prima dell’inizio del campionato 2011-2012, è stato inaugurato il nuovo stadio di proprietà, che è diventato un vero e proprio fortino dei bianconeri, capace di farne le fortune dentro e fuori dal campo.

I (POCHI) ERRORI

Già, perché anche quelli servono per crescere: sarebbe ingiusto “dimenticarsi” di colpo di ciò che, all’inizio, è andato storto. Forse nomi non all’altezza (Martinez, Motta, Elia…), forse una disorganizzazione normale nei primi anni dopo un inferno come la Serie B; ma forse, senza l’infortunio grave di Quagliarella, staremmo parlando di umotorena stagione meno negativa per quanto riguarda Gigi Delneri. Molti tifosi lo rimproverano per Hernanes e Witsel: il primo era un’occasione di mercato, non un fenomeno ma neanche un bidone; il secondo ha aspettato (invano) 13 ore a Torino un transfert che non è mai arrivato… Ma serviva un vero sostituto di Pogba? No, secondo noi no. Uno come Pogba non esiste e, come accadde con Zidane, la soluzione più adatta era quella di cambiare radicalmente strategia: lì arrivarono Buffon, Thuram e Nedved, qui gente come Pjanic, Cuadrado e Higuain.

I COLPACCI

Già citati Pogba, Khedira e Llorente a parametro zero, ma non vanno dimenticati anche Evra, arrivato per pochi spiccioli, il giovane Coman, arrivato gratis dal PSG e rivenduto – anch’egli per esplicita volontà personale – a quasi 30 milioni al Bayern, Zaza, Sturaro, Alex Sandro.

Ma per ripercorrere in maniera anche più “piacevole per gli occhi” la carriera da ad bianconero di Marotta, questo pomeriggio non perdetevi una gallery dedicata ai suoi migliori colpi: ovviamente, targata SpazioJ.

I NOSTRI AUGURI

Che dire, è anche grazie a Marotta che quest’oggi la Juventus è tornata ad essere il club più influente a livello italiano ed una delle maggiori potenze europee. Intelligenza, attitudine al lavoro, scelte mirate e mai avventate: l’operato di Marotta e dei suoi collaboratori è definibile in queste poche – ma indispensabili – qualità. E allora altri 60 di questi colpi, Beppe!

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