Enzo Maresca: due indici nella storia

La vita è davvero strana, nella quotidianità come nello sport. Spesso ci si imbatte in persone che hanno speso un’esistenza intera nel lavoro, nell’affermazione dei propri valori, sognando anche per un attimo una briciola di notorietà, ma l’anonimato li sovrasta. Così pure nello sport. Fior di atleti non lasciano scolpito il proprio nome nella memoria collettiva degli appassionati, pur dando il meglio di sé e magari a lungo, oltre ogni ragionevole attesa.

La vita però è come una medaglia: di facce ne ha due. Ecco allora il “fortunello” che si trova al posto giusto nel momento giusto e, se pronto a cogliere l’attimo, ne trae vantaggio per tutto il resto dei suoi giorni. E nel calcio? Funziona allo stesso modo.

Enzo Maresca è l’esempio quasi paradigmatico. Un buon centrocampista, promessa conceta da giovanissimo, tanto da attirare l’attenzione della Juventus, che avrebbe fatto una carriera discreta, senza forse assurgere agli “altari” della storia, è considerato un’icana indimenticabile dal popolo bianconero.

Correva l’anno 2002, Maresca già a 19 anni era approdato alla corte di Madama. Un anno in prestito al Bologna e poi di nuovo a Torino. Campionato discreto, personalità da giocatore più adulto, fiducia di Lippi incondizionata, ma….

Ma a Torino si giocano due partite “sui generis”, i derby. Quell’anno già all’andata erano successe cose turche, con una Juve avanti di 3 reti, raggiunta dal Toro che aveva in Ferrante il suo trascinatore, avvezzo a festeggiare i suoi gol portando gli indici sulla testa a mo’ di corna. Al ritorno, dopo il sùbito vantaggio, la Juve deve subire la reazione rabbiosa dei granata che, pareggiano proprio con Ferrante. Sotto la Maratona al “Delle Alpi”, la punta si produce nel solito giro a “corna spiegate”. Con Cauet, il Toro passa addirittura in vantaggio ed il tempo non è molto per tentare di riagganciare il risultato.

Mancano 2 minuti alla fine. Su un cross dalla trequarti di Thuram, Enzo nostro si avventa di testa con rara determinazione. La palla si infila alle spalle di Bucci sfiorando il palo per un 2 a 2 già di per sé indimenticabile. Ma Maresca in quell’istante si trova nel posto giusto al momento giusto. Nel marasma mentale che lo colpisce, ebbro di gioia, partorisce il più atroce ed azzeccato sfottò nei confronti della panchina granata. Corre a perdifiato verso Camolese e combriccola esibendo un bel paio di corna “ad indici spiegati”, uguali a quelli di Ferrante. Il sacrilegio vestito di bianconero è compiuto, cosiccome la consacrazione ad un posto nel JMuseum. A gloria imperitura, si diceva un tempo.

Negli spogliatoi Ferrara, a domanda insidiosa sul fattaccio, risponderà: “Maresca non sapeva come fare il verso della zebra“, aggiungendo ancora una manciata di pepe sull’accaduto. Nel frattempo nel ventre dello stadio era iniziata la caccia al “rebrobo”, da parte dei giocatori a tinta unita. Mai lo stanzone juventino aveva funzionato così bene da rifugio bellico. Per la serie, se sfottiamo noi torinisti è cabaret, se sfottono loro è arroganza inaccettabile!

E’ di ieri la notizia che Enzo Maresca ha rescisso il contratto col Verona e che ha deciso di ritirarsi dall’agone. Ormai il ragazzo acerbo e scanzonato ha toccato la soglia dei 37 anni, per il calcio di oggi possono essere un fardello pesante da portare. Esatto contrario del ricordo di quel derby e delle sue “corna”.

Non c’è juventino che, alla sola pronuncia del cognome Maresca, anche al di fuori del calcio, anche solo per una casuale situazione di omonimia, non liberi la mente andando alla corsa in mezzo al campo verso la panca “mulitta” di un ragazzo con le dita cornute sulla testa. Quando un’associazione di idee diventa storia, solo il calcio può tanto.

Immagini tratte da  mediagol.it   e   calcioweb.eu

 

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