Dal 2017 vorrei… che Higuain non sia più il “fantastico perdente”

 

Dall’apoteosi al baratro, in una società dal ritmo incalzante e, più specificatamente, nel mutevole calcio odierno, il passo è davvero breve. Soprattutto se ti chiami Gonzalo Higuain, soprattutto se un santone come Capello ti ha scelto, all’ancor tenera età di diciott’anni, per far parte della squadra più gloriosa del mondo (il Real Madrid) e soprattutto se, ovunque sei andato a giocare, ti è stato chiesto di segnare con estrema regolarità e, di conseguenza, di vincere il più possibile. A Gonzalo, però, vincere non è mai riuscito particolarmente bene. Stranamente.Gonzalo, con gli anni, si è guadagnato la scomoda etichetta di “fantastico perdente”: tanto bello e puntuale nei gol “normali”, quanto impacciato, goffo e quasi assente nei momenti cruciali.

SOFFERENZA… REAL – Higuain, con la sua caterva di gol realizzati, finora, in carriera, (ben 271 in 541 presenze da professionista) ha sempre creato, com’è normale che sia, grandi aspettative e speranze a dismisura, tanto che Aurelio De Laurentiis, nell’estate del 2013, versò 37 milioni di euro + 3 di bonus nelle casse di Florentino Perez per portarlo a Napoli, riservandogli una folkloristica presentazione al San Paolo, che un po’ ricordò quella che vide protagonista Maradona il 5 luglio del 1984. Dopo aver realizzato i suoi primi due gol in campionato (in quel di Verona), Higuain confessò di aver sofferto parecchio la convivenza con Benzema ai tempi di Madrid: il “suo” Real, per tutta risposta, al termine di quella stagione, si assicurò la tanto agognata “Decima”. Sicuramente un colpo duro da digerire.

QUEI MALEDETTI UNDICI METRI – Anche al Napoli, però, nonostante la vittoria di una Coppa Italia e di una Supercoppa italiana, il Pipita ha trascorso momenti parecchio duri. La più grande delusione, probabilmente, fu quella della sera del 31 maggio 2015, quando, nello spareggio-Champions contro la Lazio, dopo aver segnato la doppietta capace di rimettere in corsa gli azzurri, spedì alle stelle il rigore del possibile 3-2 e spianando, di fatto, la strada alla goleada ospite (2-4). Poco più di un mese dopo, però, Higuain concesse il bis in nazionale: nella finale di Copa America contro il Cile, prima, nei tempi supplementari, fallì un gol (abbastanza facile per uno come lui) su assist di Lavezzi, e poi sparò nuovamente in curva il suo rigore (fu quello di Sanchez a decretare la vittoria cilena). Il torneo continentale gli è stata nefasto anche in questo 2016: l’errore in disimpegno di Medel ha tentato di venirgli in aiuto, ma la sua corsa solitaria verso Claudio Bravo si è conclusa con un tocco sotto col destro e con la palla che, docile docile, si è depositata sul fondo.

DELUSIONE MONDIALE – Nessun errore, però, è paragonabile, almeno per quanto riguarda l’importanza della posta in palio, a quello del 13 luglio 2014, nella finalissima della Coppa del Mondo di Rio contro la Germania. Un altro disimpegno errato – stavolta di Kroos – parve spalancare le porte della gloria al centravanti che, però, di fronte a Neuer, si incartò clamorosamente e goffamente, mandando a lato la palla del possibile vantaggio albiceleste.

VOGLIA DI RISCRIVERE LA STORIA – Ma Higuain, a suo modo, nella storia ci è già entrato: il primato di 36 gol in un’unica stagione di Serie A gli è valso il passaggio alla Juventus per la cifra record (per la storia del campionato italiano) di 90 milioni, che tanto ha fatto sentir traditi i tifosi partenopei e che tanto ha rinvigorito le speranze di gloria di quelli bianconeri. Già, la gloria. La gloria dura solo un attimo, ma quell’attimo è

necessario per scrivere il proprio nome nell’immenso albo della storia del calcio. E infatti Antonio Conte, uno che difficilmente descrive la realtà diversamente da com’è, non si sbagliò: “Solo chi vince scrive la storia”, disse per motivare i suoi ragazzi, impegnati nella corsa per la conquista del primo scudetto del suo triennio d’oro. Non è un caso, dunque, che la Juve abbia deciso di puntare proprio sui gol del Pipita per rendere ancor più magico un ciclo di vittorie già irripetibile e per ridar fiducia ad un meraviglioso attaccante, che troppo spesso ha dovuto subir critiche per la sua “nocività” nelle occasioni importanti. D’altro canto, anche la sua scelta non può essere stata casuale: quale squadra migliore di una che ha come slogan “Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta!” per saziare la propria fame di vittorie?

 

GO-NZALO! – E allora, caro Pipa, che questo 2017 possa essere, per te e per tutti noi, un’ulteriore spinta verso la gloria che meriti, in modo da scrollarti di dosso l’antipatica definizione di “perdente di lusso” e per incidere il tuo cognome nell’indistruttibile pietra che è la storia della Juventus. Per darti ulteriore forza, prova a rifarti alla storia di Arjen Robben: preso in giro, criticato, schiacciato dai non carini giudizi dei media per poi essere, finalmente, decisivo nella vittoria del Bayern Monaco sul Borussia Dortmund, nella finale di Champions League del 2012. Ed è anche per questo che, da tutto il popolo juventino, ora si erge un solo imperativo: GO-nzalo!

 

Angelo G. Abbruzzese 

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