De Juve ovvero i 5 spunti da Genoa-Juve

Settimana perfettamente in bianco e nero della Juventus. Da Siviglia a Genoa, passando per trenta minuti di pura follia. Un finestra di buio, spaventosamente spalancata, su un presente luminoso. Poi s’è provato a chiuderla, ma tant’è.

Da Genova, però, non possiamo che portarci via qualche riflessione. Più o meno seria, più o meno importante: dall’importanza della mente a qualche dubbio sulla scorsa estate.

1. Calo mentale

Il calo mentale, invocato anche da Allegri, è stato evidente. Viceversa, però, la furia del Genoa ha travolto quello che restava della Juventus. Tante variabili sono girate a favore dei genoani, ma non è tutto lì.

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Lo stesso Allegri, infatti, non può essere esente da colpe. Non è riuscito a mantenere alta la tensione: compito mai semplice, ma fondamentale. Allo stesso tempo, quindi, va fatto un plauso a Ivan Jurić: si è infilato al meglio negli spiragli bianconeri.

2. No, fisicamente non va

È un altro dato di fatto: gli altri hanno corso di più. Soprattutto, però, hanno corso meglio. Il pressing asfissiante del Genoa è stato decisivo per il risultato. Il resto lo fa la testa, poco collegata alle gambe della Juventus.

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Se il motore è appesantito, poi, il sistema non può che andare a rilento. È così con il centrocampo bianconero, troppo statico. Lo diciamo da mesi, ma il ritorno di Marchisio lo ha reso ancora più evidente.

Andrà meglio, sicuramente, ma finché gira così bisogna essere sempre concentrati. Il campionato passa anche da questi dettagli. E va chiuso quanto prima.

3. Ma Rugani?

A proposito di riserve: perché Rugani era in panchina? Eppure Allegri, in conferenza, aveva detto di volerlo schierare titolare. Parliamo di sabato, non di un’altra era.

Daniele, entrato poi per l’infortunio di Bonucci, ha fatto ancora bene. Ciò vuol dire che non aveva problemi fisici.

Dani Alves, che ha giocato al suo posto, ha sbagliato spesso la posizione. La prima rete, quella dell’errore di Bonucci, ne è un esempio: Dani era vistosamente troppo avanti. (In bocca al lupo, Dani!).

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4. Che Rincon!

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Che dicevamo? Centrocampo statico. Ecco: Tomás Rincon è l’antitesi della staticità. È decisamente l’archetipo del centrocampista dinamico. E anche moderno.

Corre, pressa e detta il ritmo: fa quello che servirebbe a questa Juventus. Non è un caso che Sturaro, coi suoi limiti, dia qualcosa in più alla spenta manovra bianconera.

Rincon non è un fenomeno, ma può essere una pedina importante. Chissà che da gennaio, senza Lemina e Asamoah, non possa arrivare davvero a Torino. Marotta ci pensa. Dopo ieri, poi…

5. Le riserve

Pochi l’avremmo detto, quest’estate: sul mercato si poteva fare molto meglio. Chi l’ha detto s’è preso pure una buona dose d’ironia, se non insulti. E, invece, la sensazione è proprio che a questa squadra manchi qualcosa.

Vuoi che Pjanić sta deludendo, vuoi gli infortuni: solo Higuaín non basta. Il centrocampo è lento, prevedibile e poco prolifico e l’attacco dipende tanto, troppo dai due fenomeni argentini.

Giocare senza Dybala e Higuaín è difficile per tutti, ma non può esserlo per la Juventus. Per una squadra che deve vincere in Italia e in Europa. Mario Mandžukić ha bisogno di supporto, magari una linea di tre trequartisti, da solo è spesso asettico. E Pjaca non avrebbe cambiato la sostanza.

Il centrocampo, invece, ha subito una involuzione palese: da reparto più forte d’Europa a trio mal assortito. Il problema vero è questo, più che le caratteristiche dei singoli. Manca soprattutto la necessaria fisicità, ma ora s’inizia a capire l’importanza delle reti dei vari Pirlo, Pogba e Vidal. Basterà gennaio?

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