Il vero derby d’Italia

L’abbiamo giocata centinaia di volte all’oratorio della nostra infanzia e dell’adolescenza. Attesa e patita per quantità siderali di ore ed ore a ripassare le formazioni. Provvedendo da subito a segnare con un cerchiolino rosso le date e la giornata, appena uscito il calendario della stagione, in piena estate.

Ladies and gentlemen, it’s Milan – Juventus time. Il derby del calcio italiano. Il “vero” derby. Quello cioè che nobilita il nostro pallone, tra club rivali, ma emuli l’uno dell’ altro, mai succubi di astii malmostosi; due sodalizi che hanno a lungo tempo collaborato per elevare il “movimento”, uniti nel progresso, mai slealmente protesi al danno fariseo nei confronti di uno dei due. Alla bisogna, rivolgersi all’altra squadra di Milano, la seconda, per sapere come procedere. Se durante un trofeo estivo dall’importanza sicura, come è importante ogni incontro tra Milan e Juventus, ma relativa, l’esuberanza incontrollata di un giocatore rossonero (Kaka, per la cronaca) causa un grave infortunio all’eterno Buffon, ecco pronta la cessione in prestito di Abbiati, a titolo di… risarcimento. Tra gentiluomini si fa così ed i tifosi apprendono.

A Manchester ricordano ancora con simpatia l’invasione di italiani biancorossoneri nel più sereno rispetto dell’ordine pubblico, della proprietà altrui e della sana rivalità sportiva, che non travalica mai. Questo è il tifo che piace, pura pubblicità allo sport più bello che c’è. A Manchester milanisti e juventini hanno lasciato un biglietto da visita  del nostro Paese, che vale più di cento incontri al vertice.

In campo è sempre stata una battaglia, come il derby richiede. Senza esclusione di colpi e con alterne vicende. La fatal Verona è testimone beffarda. Prima di essa, il tacco di Bobby-gol in faccia a Cudicini; Chiarugi dal tuffo carpiato passato alla storia. En passant, chiedere a Rivera se gli sono rimasti segni sulla caviglia per l’entrata subita da Tardelli, dopo zero secondi.

massimiliano-allegri-lione-juventus-champions-league-spaziojPoi, anni di Milan al potere, con la Juve che arranca e ci capisce ben poco. Donadoni si ferma a Milano e non supera il Ticino, dato che le strette di mano di Boniperti non bastano più. Ci voglioni i “danè”, da quando un palazzinaro milanese ha rilevato la società dei “casciavit” e si è buttato anche nelle TV. Fino all’avvento della Triade, a Torino persiste la nebbia. E quando finalmente si dirada, è dominio Juventus – Milan, finale di Champions compresa. Devono aver girato non poco le “idee” dall’altra parte dei navigli, per aver messo in piedi quel popò di Calciopoli

Dopo gli anni “drogati” dal dominio di una società “prescritta” dagli innumerevoli articoli 6, a regolarità  ritornata, il Milan vince lo scudetto, il Milan perde lo scudetto e Conte ringrazia. Il Milan esonera il proprio allenatore e dove finisce? Alla Juventus ed è cronaca e non più storia.

Benvenuti signore e signori al vero derby d’Italia, checché ne abbia scritto Brera ai suoi tempi, checché ne dicano gli interisti per darsi un tono. E’ in gare come questa che si distilla l’essenza del calcio italiano, bello o brutto che sia, ricco o povero, vincente o perdente. Già che ci siamo, visto l’arbitro designato, si spera vivamente che la sfida non si decida per un rigore  per fallo di… scapola. Per la serie, fotografie dal passato, tipo… Dida che raggiunge Montero sul dischetto del rigore. All’augurio di “vinca il migliore”, il Paron rispondeva: “Speroma tanto de no, ostia”.

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