Inter-Juve 2-1: gli errori a monte e un risultato giusto. C’è da lavorare

Non si gridi all’apocalisse e non si pretenda la testa di nessuno. La sconfitta contro l’Inter fa male, arriva inaspettata, ma non deve cancellare quanto mostrato finora. Come ha più volte detto Allegri, nessuno vince il campionato prima di giocarlo e la Juve non fa eccezione. Nemmeno questa Juve. Dalla sconfitta si deve trarre qualcosa di buono. Per esempio capire i motivi che hanno condotto ad essa. Individuare gli errori e studiare per non ripeterli.allegri

Un’analisi della sfida contro l’Inter è quasi una lista della spesa di errori. La Juve permette agli avversari di imporre i ritmi della gara e finisce per soffrirne. Pjanic davanti alla difesa non riesce mai a trovare spazi e giocate. Merito, sicuramente, della grande pressione interista, ma forse c’è di più? Un segnale che quella non può essere la sua posizione? Sicuramente, oggi, a girare male è stato tutto il centrocampo. Khedira, meno incisivo del solito, ha provato a offrire la solita dose di inserimenti letali, ma la sensazione è che le gambe non girassero come al solito. Forse, un po’ di riposo sarebbe servito, anche se col senno di poi è facile dirlo. Se poi si aggiunge la serata da horror di Asamoah

La poca qualità a centrocampo e le idee annebbiate hanno conseguentemente reso sterile l’attacco. Dybala ha giocato a distanza siderale dall’area avversaria, non trovando mai spazio per la giocata decisiva, mentre Mandzukic si è trovato più spesso sull’esterno che nel cuore della difesa interista. Posizione anomala e che, in mancanza degli inserimenti dei centrocampisti, serviva soltanto a svuotare l’area in maniera inutile. La fase offensiva non ha funzionato quasi mai, e l’attenzione da gara della vita della retroguardia interista non può essere un alibi.

C’è, poi, il discorso esterni. Sulle fasce la Juve ha dato fin da subito la sensazione di poter fare la differenza, ma i bianconeri hanno sfruttato poco le corsie e non è un caso che le occasioni d’oro siano arrivate proprio quando si sono accesi Lichtsteiner e, soprattutto, Alex Sandro. Armi sfruttate poco e solo nel finale, quando i piani sono saltati e si è giocato più di nervi che di idee. La corazzata tanto decantata mostra tante crepe. C’è da lavorare. D’altronde, nessuno vince prima di giocare.

Edoardo Siddi

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