L’inchiesta di Torino, i biglietti, la ‘ndrangheta: la deplorevole prassi del bagarinaggio

Il fenomeno dell malavita all’interno degli stadi. Questo è quanto sta emergendo nell’inchiesta del gip di Torino: rapporti tra persone all’interno della società e tifoseria organizzata per mantenere il quieto vivere.

“VOGLIO CHE SIAMO TRANQUILLI” – Prima di Juve-Torino del 2014, lo storico capo della tifoseria organizzata dei “Drughi” proclama uno sciopero del tifo. Si propone di fare da mediatore il figlio di un noto boss della ‘ndrangheta, il quale chiama il “security manager” della Juventus. Quest’ultimo pronuncia la frase che spiega quale sia il rapporto in Italia tra le società e il tifo organizzato: “Io voglio che voi state tranquilli e che noi siamo tranquilli e che viaggiamo insieme, allora se il compromesso è questo a me va bene! Se gli accordi saltano, ognuno faccia la propria strada”. I patti sono molto semplici: la società offre alcuni biglietti che la tifoseria (o la criminalità) usa per il bagarinaggio, e in cambio ottiene la tranquillità dei tifosi.

PRASSI DIFFUSA – Il bagarinaggio, purtroppo, all’interno degli stadi italiani (e non solo dello Juventus-Stadium (1)Juventus Stadium), è diventata una prassi diffusa e uno dei pochi metodi per ottenere un biglietto. È risaputo che gli ultras, i tifosi organizzati, hanno i loro metodi di guadagno, e questo è uno di quelli. Detto ciò, non si possono tollerare determinati atteggiamenti da parte della società – sempre se questi siano verificati -, ma è altrettanto vero che la stessa società non può controllare tutto il giro dei ticket. Regalare biglietti o offrirli a delle persone è qualcosa che accade molto spesso, ma non sempre si sa in che mani finiscano o chi gestisca questi biglietti. Non si può, dunque, condannare il fenomeno, ma nemmeno colpevolizzare un solo personaggio o una sola società per un fenomeno diffuso in maniera così capillare in tutto il territorio nazionale italiano.

 

Impostazioni privacy