Dybala, la Joya a trentaquattro carati: è una stagione da scrivere nel libro dei ricordi più belli

Il primo passo per diventare leggenda è essere così: irrimediabilmente leggero, incredibilmente forte, meravigliosamente insostituibile. Paulo Dybala? Ha fatto anche di più. Perché ha prima preso la Lazio, quindi l’ha strapazzata. E allora, solo allora, si è riconsacrato in una stagione che di suo ha ogni sfaccettatura: ha l’inizio in salita, il prosieguo in crescendo, il finale da campione vero. Di tutto. E soprattutto d’Italia. Sì, manca il dettaglio, l’ufficialità. Manca alzare la coppa: ma Paulo, quel ragazzino magrolino venuto da Palermo con quaranta milioni di dubbi, ha già vinto. E n’assaggia la gloria.

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ALTRO GIRO, ALTRA STORIA – Uno scambio, il pallone che torna: ma voi, la magia, l’avete vista davvero? Sì, per forza. Impossibile non notarne portamento, bellezza, concretezza. Impossibile non innamorarsi del gioco se palla al piede vi finisce Paulo Dybala. Circondato da avversari e dalla maestosità di chi, per quel tocco, dovrebbe avere una sorta di porto d’armi. Che è pericoloso, e tanto. Ma ancor più: efficace. Con i biancocelesti, ecco venir fuori un’altra doppietta. Si tratta del gol numero sedici in campionato, del ventesimo in stagione su quarantatré presenze. Per dirne una: Tevez, alla sua prima annata in bianconero, ne aveva collezionato appena uno in più. E con quest’andazzo, la Joya brillerebbe di certo più dell’Apache.

PROTAGONISTA – Argentini, sangue e gol nelle vene. Per fortuna di Max: bravo ad aspettarlo, ad indirizzarlo, a non rendergli irrespirabile quell’aria d’inizio stagione. Pesante e senza apparenti sbocchi. Sì, Dybala è la vittoria di Allegri. Quindi della Juventus tutta. Perché nel presunto anno di transizione, la Vecchia Signora si è ritrovata tra le mani un materiale grezzo dalla purezza infinita: con la calma dei forti, l’ha già modellato e reso indispensabile. Progettualità, ecco. E poi valori umani che non possono non superare i tecnicismi, i tocchi, le giocate, i gol. Perché arrivare così in alto significa anche saperci stare, trovarsi bene tra pressione e umori, nel limbo della sottile differenza tra lavoro e divertimento. Paulo sì, la prende col sorriso. E appena sbaglia, non ha paura di chiedere scusa. Ma voi, la magia, l’avete vista davvero? Sì. E non ci sono scuse a cui appellarsi: quel ventuno bianconero, volente o nolente, ha già rubato parte del cuore degli juventini. È una Joya a trentaquattro carati.

Cristiano Corbo

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