Vocazione rivoluzionaria – La fantastica storia dell’Aston Villa

Con la sconfitta al Teatro dei Sogni, l’Aston Villa saluta la massima serie per la prima volta dopo 26 anni di Premier League. Sarà solo un arrivederci, ne siamo certi, ma era nell’aria da qualche anno. Troppi cambi al potere, altrettanti in panchina – 4 manager in una sola stagione sono troppi, una classifica che non li ha mai visti superare il quindicesimo posto per quattro stagioni, prima dell’ultima, disastrosa annata, erano sintomi di una retrocessione che ogni anno si presentava dietro l’angolo. Non per questo, però, non vale la pena raccontare la leggenda di un club che ha fatto la storia di questo sport, non solo per quanto concerne i risultati sportivi, ma soprattutto a livello organizzativo.

LA FONDAZIONE – 21 novembre 1874, siamo ad Aston, più precisamente sul campo da calcio di una chiesa protestante metodista della periferia di Birmingham. È qui che Jack Hughes, Frederick Matthews, Walter Price e William Scattergood, giocatori di cricket della Villa Cross Wesleyan Chapel decidono di fondare una squadra di calcio. Lo scopo dei quattro ragazzi era quello di creare qualcosa che li tenesse impegnati nel tempo libero durante i lunghi mesi invernali. C’era però bisogno di trovare avversari con cui giocare le partite. L’esordio ha qualcosa di surreale: gli avversari, gli unici disponibili, a dirla tutta, vengono dalla St Mary’s Church, Aston Brook. L’unico problema è che loro giocano a rugby. Per poter svolgere la partita decidono di applicare un regolamento misto: il primo tempo si gioca con le regole del rugby, il secondo con quelle del calcio. La prima frazione di gioco si conclude a reti inviolate, mentre nel secondo tempo Jack Hughes segna un gol memorabile, che regala ai Villains la vittoria nella prima partita disputata.

ARRIVA McGREGOR, LA RIVOLUZIONE PARTE DA BIRMINGHAM – Nel 1877, i membri della Aston Villa Wesleyan Church, si spostano a Wellington Road, campo di calcio situato nella Perry Barr, a nord di Birmingham, su un campo preso in affitto da un macellaio alla cifra di cinque sterline all’anno. È in questo periodo che decidono di assumere come dirigente William McGregor, un mercante di stoffe scozzese che, da qualche tempo, era in apprendistato a Birmingham e aveva aperto un negozio proprio in quel di Aston. Mr. McGregor divide le sue giornate tra la bottega, Perry Barr e la sede locale del partito liberista, di cui è convinto sostenitore, ma è nel calcio che riesce a esprimere al meglio le sue capacità organizzative. È grazie a lui che il club evita una serie di problemi finanziari, che avevano già portato al sequestro di alcuni beni, ma soprattutto è dalla sua mente che passa l’idea di fondare una Football League aperta a tutte le squadre del Regno Unito, non solo a quelle inglesi. Sì, perché il calcio che il resto del mondo ha importato dall’Inghilterra, almeno a livello organizzativo, è passato anche – o forse soprattutto – da Birmingham.

THE CHAMPIONS OF VICTORIAN AGE – La squadra si afferma come la più forte dell’intera Victorian Age: delle prime 12 edizioni della First Division, infatti, 5 finiscono a Birmingham, a cui si aggiungono ben 3 FA Cup. Gli uomini simbolo del primo campionato vinto dai Villains sono il portiere Dunning, John Henry George Devay,centravanti con uno spiccato senso del gol, e Bob Chat, centrocampista dalle spiccate doti offensive. I clarets&blues sono evidentemente più forti degli altri, tanto che vincono la maggior parte delle partite con almeno tre gol di scarto. Il condottiero della squadra è l’allenatore scozzese George Ramsay, che resterà in carica fino al 1926, e che per anni aveva indossato la fascia di capitano della squadra. L’ultima FA Cup prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, che portò alla sospensione di tutte le competizioni sportive, viene alzata al cielo nel 1920. Da lì in poi un lento declino, dovuto in parte anche all’addio del condottiero Ramsay, culminato nel 1936 con un’amara retrocessione.

LA LENTA RISALITA – Ricostruire, però, non è facile. La guerra ha decimato la squadra, ha portato via risorse ed entusiasmo. Per tornare ai fasti d’un tempo, i Villains decidono di affidare tutto a Mr. Alex Massie, che con i clarets&blue aveva totalizzato 141 presenze, giocando nel ruolo di centrale di difesa. Massie decide di affidarsi a George Robert Edwards, arrivato dal Norwich prima dello scoppio della guerra, Alan Wakeman, portiere che ha iniziato a giocare a calcio come amatore proprio con i Villains subito dopo il termine della scuola, Gregor Wilfred Cummings, difensore dalle movenze eleganti, e Frank Broome, attaccante che, come anche alcuni dei calciatori precedentemente citati, ha difeso la maglia anche nelle partite non ufficiali disputatesi durante il conflitto mondiale, segnando addirittura più di 90 gol. Bisognerà però attendere undici anni prima di alzare nuovamente una Coppa, arrivata inaspettatamente nel 1957 contro i mitici Busby Babes, simbolo della rinascita del Manchester United, riuscito a lasciarsi alle spalle le macerie della guerra. Il momento, però, non è esaltante, la retrocessione sembra essere dietro l’angolo, e dopo averla evitata qualche anno prima solo grazie alla differenza reti, nel 1959 il club retrocede in second division, dove resta per una singola stagione.

villa championsARRIVA LA COPPA CAMPIONI – Gli anni seguenti, per l’Aston Villa, sono tutt’altro che esaltanti, arrivano a retrocedere addirittura in terza divisione, vincendo solo tre coppe di lega nell’arco di vent’anni. Troppo poco rispetto a quanto era successo in passato. Il cambio di rotta, come un fulmine a ciel sereno, arriva nel 1980: sulla panchina siede Ron Saunders, che inizia bene la stagione con due successi contro Leeds e Norwich, prima di subire la battuta d’arresto contro il Manchester City. La stagione prosegue bene e, nonostante una rosa esigua, la squadra a metà aprile è al primo posto. I sogni di gloria, però, sembrano interrompersi contro l’Ipswich, che a metà aprile, grazie a una vittoria in quel di Villa Park, riesce a effettuare il sorpasso. Tuttavia, i blues perdono le due partite successive, e l’Aston Villa, grazie alla vittoria contro il Nottingham Forest e il pareggio con lo Stoke, riesce a tornare primo in classifica. Al termine della stagione sarà un vero miracolo: Saunders riesce a portare il titolo a Birmingham dopo 71 anni, ma soprattutto lo fa utilizzando soltanto 14 giocatori, di cui 7 – Jimmy Rimmer, Kenny Swain, Ken McNaught, Dennis Mortimer, Des Bremner, Gordon Cowans e Tony Morley – non perdono nemmeno un minuto dell’intera manifestazione. Il meglio, però, deve ancora venire. La stagione successiva li vede tornare in undicesima posizione, ma è in Coppa Campioni che la squadra dà il meglio di sé: i Villains arrivano in finale trascinati da Shaw, Morley e Withe, eliminando Valur, Dynamo Berlin, Dynamo Kiev e Anderlecht, ma soprattutto subendo soltanto due gol nell’arco dell’intera competizione. Pazzesco. Siamo a Rotterdam, la gara con il Bayern Monaco non è affatto facile, i tedeschi, almeno sulla carta, partono favoriti. Al 67’, però, l’Aston Villa passa in vantaggio, ma preferiamo rimandarvi al commento originale per scoprire com’è andata. “There is a good ball in for Morley. Oh and it is! It’s Peter Withe”. Sì, ha segnato Withe, ancora una volta. Sempre lui. Il trofeo più prestigioso, finalmente, fa tappa a Birmingham.

L’ASTON E LA FONDAZIONE DELLA PREMIER LEAGUE – Nel 1992, l’Aston Villa è uno dei club fondatori della Premier League. Ancora una volta, la rivoluzione passa – anche – per Birmingham. I Villains trascorrono l’intera stagione a lottare per il titolo, ma alla fine vengono sorpassati dal Manchester United che, ironia della sorte, è l’ex club del manager Atkinson. È l’ultima occasione per vedere l’Aston giocarsela a livelli altissimi: nei 25 anni successivi arrivano soltanto due coppe di lega, una coppa Intertoto e due finali di FA Cup, con il sogno svanito a un passo dalla conquista, ma soprattutto, se si fa eccezione per la stagione 1993-94, la squadra non riesce mai ad andare oltre il quinto posto. Dopo venticinque anni di anonimato, però, la risalita verso la Premier League dovrà essere obbligatoriamente un punto di partenza per la rinascita. Perché il Villa Park merita di regalare ancora, e soprattutto a lungo, grandi emozioni. È la storia che lo impone.

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