Prima che il giudice parli, Sarri ha già perso tre volte

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Prima che il giudice parli, Maurizio Sarri ha già perso tre volte. La prima perché l’Inter ha vinto e ha meritato di vincere, la seconda perché ha insultato gratuitamente Mancini, la terza perché non ha avuto la decenza di scusarsi e ammettere i suoi errori, senza trovare scuse, senza scovare alibi. Il suo “mi scuso, ma certe cose non dovrebbero uscire dal campo” ha peggiorato la situazione. La “denuncia” di Mancini è statasacrosantamente giusta.

QUANDO LA RAGION DI TIFO PREVALE SULLA RAGIONE ETICA – Al diavolo chi dice che in campo si dicono cose anche peggiori. E’ un po’ come il ragazzo sul motorino senza casco fermato dai carabinieri, che cerca di giustificarsi dicendo che è un’ingiustizia fermare lui “solo” perché non ha il casco, perché c’è tanta gente che guida anche senza patente e senza assicurazione sul veicolo. E’ colpevole, basta. Poco importa se altri fanno peggio, saranno puniti anche loro. Al diavolo chi dice che nel calcio dilettantistico succede di peggio. Chi ha calcato i campi dilettantistici di periferia sa bene che la Serie A e tutt’altra cosa. E qualsiasi allenatore, giocatore e giornalista sa bene che in Serie A non ci si può comportare come in seconda categoria. Ad ogni palcoscenico la sua visibilità e, soprattutto, le sue responsabilità. Un giornalista che scrive per la Gazzetta, sa bene che non può ragionare come un tifoso al bar. Poi, in tutta franchezza, certe frasi fanno schifo anche nei bar di periferia. Onore alla gavetta che Maurizio Sarri ha fatto in carriera tra Sangiovese, Arezzo e Sorrento, ma il Napoli è ben altra cosa. Ad ogni ruolo i suoi onori e oneri. L’allenatore di uno dei club più importanti d’Italia e d’Europa, il leader di una piazza che necessita di una crescita culturale e sportiva, non può offendere un suo collega alla prima sconfitta casalinga della stagione. L’allenatore deve dare sempre il buon esempio, è una figura che obbliga la ragione a prevalere sull’istinto. E Maurizio Sarri non è neanche nuovo a certe cose. Il 25 marzo 2014, quando era ancora l’allenatore dell’Empoli, lamentandosi per una condotta arbitrale troppo severa, disse che “il calcio è diventato uno sport per froci”. Caro mister, il calcio è uno sport per gay, etero, lesbiche, neri e bianchi. E’ così da sempre! Al di fuori del calcio devono restare solo gli omofobi e i razzisti.

CIVILTÀ E CULTURA – E’ una questione di civiltà! Usare la parola frocio per offendere non è civile. Si può anche sbagliare nella vita, per carità, ma ci fanno parecchio incazzare tutti quelli che per ragion di tifo difendono un vile e becero atto di ignoranza. A volte, se proprio non si vuole agire con obiettività, sarebbe opportuno restare in silenzio. Spesso non c’è nulla più elegante e gentile del silenzio. Parliamo di cultura ragazzi, cultura! Con che coraggio possiamo andare nelle scuole ad insegnare fair play e rispetto per il diverso, se poi giustifichiamo le cadute di stile dei personaggi più rilevanti del mondo del calcio. Basta, basta, basta! Il calcio italiano è sempre più uno sputo in faccia alla sportività e alla lealtà. Quanto altro dovremo sopportare prima che tutti si convincano che un netto cambio di rotta è doveroso? Dalle mortificazioni ad opera di Tavecchio, con i must “Opti Poba” (riferito ai giocatori di colore) e “quattro lesbiche” (a commento del calcio femminile), al “frocio finocchio” di Maurizio Sarri. In Nba, Donald Sterling, ultra milionario ex proprietario dei Los Angeles Clippers, è stato multato e sospeso a vita per aver pronunciato frasi razziste, perché “contrarie al principio di inclusione e allo spirito multiculturale della lega” (!!!).

Che la decenza scuota le coscienze di tutti! Mai più razzismo e omofobia nel calcio.

p.s. E’ razzista anche l’insulto “Napoli colera”. Lo sappiamo bene!

Nicola Frega (@NicolaFrega)

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