Juve a forza dieci, Udinese schiantata

E sono dieci! Ma dov’è l’eccezionalità? La Juventus che ha rullato con disarmante facilità le zebrette friulane nel giorno dell’inaugurazione del loro impianto va di fretta, e non potrebbe fare diversamente giacché, per normalizzare un campionato reso provvisoriamente avvincente dalla sua ritardata partenza non può esimersi dal perseverare il proprio incedere con un ritmo che, di turno in turno, ridisegni inesorabilmente contorni e distanze delle ultime stagioni.

C’è ancora un’anomalia da correggere e veste i colori azzurri del Napoli, ma l’impressione che sia solo questione di tempo, o di un raffreddore che prima o poi ghermirà anche G. Higuain, è ormai netta.

La disarmante scioltezza con cui i bianconeri hanno archiviato la pratica friulana in meno di mezz’ora, al netto di una “Bonucciata” iniziale non lesiva, perché quando la piega degli eventi è quella giusta pure certe leggerezze non incidono, è figlia della determinazione e cattiveria agonistica profuse sin dall’inizio e della precisione di un mosaico che si è permesso il lusso, causa leggera indisposizione, di rinunciare a una tessera fondamentale ( P. Pogba ) senza risentirne.

Per quanto possa apparire blasfemo, l’assenza del polpo è risultata ininfluente e presto dimenticata. Le pennellate d’oblio stese dal “Sivorino”, sempre in vena di miracol mostrare e la fase difensiva degli avversari che, già lacunosa in proprio, è stata ulteriormente aggravata dalla resa incondizionata di un reparto mediano più fragile della carta di riso, hanno infatti azzerato prematuramente ogni incertezza sull’esito finale e circoscritto il residuo interesse per i giochi di campo alle dimensioni della mattanza.

Contrariamente alla solita e deprecata tendenza ad ammorbidirsi quando la deriva dell’incontro è favorevole, i Campioni d’Italia si sono spesi questa volta in una gestione dell’incontro sempre propositiva che, con la sopraggiunta superiorità numerica e di punteggio, si è successivamente convertita in pura accademia e, pur con tutto il rispetto per la banda Colantuono, in nulla più di un allenamento “ufficiale”.

A cosa mai sarebbe potuta servire la ripresa, infatti, se non a preparare l’imminente gara di Coppa Italia o, come la chiamano adesso, Tim Cup?

L’esibizione nella Dacia Arena ha altresì confermato la centralità di Khedira nell’economia della terra di mezzo zebrata e la somma educazione prestipedatoria di A. Sandro, la cui rete, quarta del match e prima al servizio di Madama, è stata confezionata con un mirabile tiro a giro, molto apparentabile a quelli di cui deteneva il copyright un altro che si chiamava come lui.

Se da una parte spiace che nonostante le favorevolissime condizioni di gara, Morata, subentrato alla Joya, non sia riuscito a spezzare il sortilegio che lo avvince da tempo immemore, dall’altra è invece importante che la Juventus abbia recuperato una pedina importante come Asamoah, la cui piena disponibilità potrebbe anche indurre il sig. Allegri a riproporre il modulo con il doppio ( finto ) trequartista, che libererebbe Dybala e Pogba dagli obblighi di ricucire la manovra a tempo pieno, al fine di agevolarne la letalità, consentendo loro di giostrare più agevolmente nel territorio ostile.

Acclarata e auspicabilmente tradotta in realtà l’intenzione di non abdicare al possesso del trofeo minore e bypassato il rischio di una beethoveniana “decima” incompiuta, per proseguire la marcia su “maggio” i bianconeri sono ora chiamati a riscattare un’altra sconfitta rimediata nello sciagurato inizio del torneo, quella subita a opera della Roma.

Inferire un altro regolamentare colpo di “Spalletti” alle tremebonde falangi giallorosse, già normalmente una soddisfazione a sé stante, è per la Signora assolutamente fondamentale, così come lo sarà ogni altro impegno sino a quando la classifica non asseconderà congruamente l’ordine naturale delle cose…, ma riteniamo non sussistano dubbi sul fatto che, in corso G. Ferraris, il periodo degli sconti sia considerato finito da un pezzo.

Testa bassa e pedalare, quindi, la “cronometro” non ammette pause. È cogente dimenticare la doppia manita inanellata perché le vittorie, per la Regina d’Italia, non devono essere come le ragazze cantate dal grande L. Battisti, a cui, dieci potevan bastare, ma bensì la divorante dipendenza sintetizzata dal titolo di un brano di un altrettanto grande Lucio ( Dalla ) che recita: “Tu non mi basti mai”…

Ezio MALETTO ( Twitter @EzioMaletto )

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