Marino racconta Allegri: “Ora è un mister formato europeo…”

Pierpaolo Marino, ds dell’Atalanta, ha lungamente parlato di Max Allegri, suo giocatore ai tempi del Pescara, ai microfoni di calciomercato.com. Ecco i passaggi più interessanti dell’intervista:

MAX IN EUROPA – “Oggi non si parla di Massimiliano Allegri soltanto come l’allenatore capace di vincere lo Scudetto al primo colpo in due squadre diverse, ma il tecnico bianconero è riuscito meritatamente a guadagnarsi anche l’etichetta di mister di formato europeo. Al buon Max, infatti, oltre alla capacità di gestire bene la lotta di vertice della Serie A, viene oggi riconosciuta la dote, non comune, di saper plasmare e motivare  sul campo e nello spogliatoio, le sue squadre, in modo tale da affrontare le partite di Champions League a guisa di esami mandati a memoria. In questo momento, gli elogi che si elevano dal vecchio continente per l’ex “acciuga” livornese sono pressoché unanimi e non c’è chi riesca a mettere in dubbio che, Allegri, con le sue moderne e globalizzate concezioni tattiche, sia un allenatore che, un giorno o l’ altro, riuscirà a prendere l’ex Coppa dei Campioni per le sue proverbiali orecchie”.

PREDESTINATO -“Alla fine di giugno del 1991, fui chiamato dal compianto presidente del Pescara Pietro Scibilia, imprenditore semplice e galantuomo, a rifondare, insieme a Giovanni Galeone, la squadra abruzzese, che navigava in serie B, schiacciata dai debiti delle gestioni precedenti. Dopo pochi giorni di ritiro, il tecnico, napoletano di nascita e friulano d’adozione, mi bisbigliò in un orecchio: “Allegri è la più forte mezz’ala che ho allenato finora in carriera!“. Intanto Allegri, mentre giocava divinamente, trascinandoci alla vittoria di quel Campionato di B, assorbiva da Galeone tutto quanto tatticamente serviva, in una simbiosi perfetta tra maestro ed allievo. La storia di Allegri allenatore di oggi passa per le sue, allora già evidenti, doti di giocatore allenatore in campo. L’anno dopo, giocando in A, al fianco di Carlos Dunga, che presi dalla Fiorentina, Max apprendeva, da quel mostro del saper stare in campo, altri preziosi segreti tattici. Intanto, da centrocampista, debuttante in A, segnava, allora, come un Hamsik dei giorni d’oggi. Non dimenticherò mai quando Allegri, in perdenti intervalli di partite, mi chiamava nel magazzino dell’Adriatico e sottovoce, mi spiegava cosa c’era da correggere nell’atteggiamento della squadra. “Un giocatore così, è destinato a diventare un buon allenatore!“, presagivo, a quel tempo, a me stesso. Mai avrei pensato, però che la realtà avrebbe superato l’immaginazione”. 

DOPO MAX -“Marotta non ha bisogno di consigli, ma, tra i nomi che circolano, in considerazione dei flop rimediati in Italia dai celebrati Benitez e Luis Enrique, eviterei altre esotiche importazioni di allenatori al primo impatto con il calcio italiano. Subito dopo Conte ed insieme a Simeone e Deschamps, che sono alcuni dei nomi riportati dalla stampa, proverei, però, a sentire anche  quel genio di Luciano Spalletti, peraltro, già interpellato dai vertici bianconeri, un anno e mezzo fa, quando si decise di affidare la panchina ad Allegri”.

 

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