Juve-Milan, senza la Joya avrebbe vinto la noia

Il piccolo clásico italiano, povera cosa rispetto a quello calcisticamente adulto degustato come anteprima, ha infine premiato la compagine meno scombiccherata e che più e meglio si è spesa per agguantare la vittoria e, con essa, un umiliante e auspicabilmente provvisorio sesto posto in classifica.

La “rimontina” bianconera, quindi, prosegue; a dispetto dell’ennesima prestazione non convincente che, complici le ancor più miserande condizioni del Milan, ha raggiunto, soprattutto nella prima frazione di ( non ) gioco, vette di sublime bruttezza tecnica e agonistica, mai disgiunte da un senso di noia immanente e pervasivo.

In quel lasso di tempo, la formazione iniziale schierata dalla guida tecnica pro tempore ha giustificato in pieno l’appellativo con la quale talvolta la si nomina, quello di Vecchia Signora, giacché le cadenze sulle quali giostrava erano certamente più consone a una partita fra ottuagenari che a ragazzi e/o signori nel fiore degli anni e, tra l’altro sicuramente ancora alla portata della triste controfigura di Pirlo commiserata in altra parte del mondo.

Che l’indisposizione di Khedira, ma particolarmente il prossimo impegno di Champions League abbia influenzato le scelte è innegabile; che le preferenze accordate a Sturaro ed Hernanes abbiano costretto la Juventus a una grave inferiorità numerica virtuale è altrettanto pacifico.

Poco casualmente, infatti, la declinazione dei chiamati alla pugna aveva prodotto dosi industriali di perplessità, appena appena mitigate dalla presenza in tribuna di Marcellone da Viareggio. Un segno? Forse no, ma l’impressione che Capitan Salacca ami cercarsi complicazioni aggiuntive a quelle che normalmente gli riescono naturali era palpabile.

Se Atene piange, Sparta non ride, ma ha “rischiato” di farlo, dato che nel nulla cosmico del tempo d’ apertura l’unica vera occasione di violare una porta era toccata in sorte alle spoglie rossonere e, nel caso di specie, a tal Cerci, che fortunatamente per Madama anziché insaccare di testa appoggiava a centro area l’inutile pallone per un compagno inesistente.

Dopo il quarto d’ora di riposo supplementare, la Juventus si presentava con un volto diverso. Dal cosiddetto “rombo”, che sarebbe stato tatticamente sensato con un trequartista “vivo”, a un 3-5-2 agevolato dal solito infortunio di natura muscolare ( per una volta ben accolto ) occorso al profeta di ripiego e ravvivato sulla corsia mancina dalla presenza di “turbo” Sandro, a sua volta già subentrato all’acciaccato Evra.

Il cambio di modulo e di passo pareva giovare, ma di gioco nemmeno l’ ombra. Ogni juventino in possesso di palla giocava per conto proprio, quasi fosse reato coltivare un elementare concetto di squadra. Tant’ è che nonostante l’ opposizione dei berlusconiani fosse affidata unicamente ai due difensori centrali, non c’ è stato verso di confezionare una sola, vera occasione di far goal.

La rete che consentiva a Madama di imboccare un crocevia meno triste, apparecchiata in virtù di una meravigliosa e improvvisata combinazione fra Pogba, A. Sandro e Dybala, non casualmente le migliori individualità in campo, sanciva il trionfo dell’estemporaneità; un fiore di abbagliante bellezza cresciuto in un giardino arido al momento opportuno, dato che la gara sembrava indirizzata verso un pareggio più blindato dello Juventus Stadium.

Il fatto che per risolvere un rebus affatto difficile sia stato necessario attingere a piene mani dalla genialità degli elementi migliori non corrobora più di tanto le speranze di una perentoria risalita. Però si dice che vincere aiuta a rivincere e pertanto, poiché quello contava, si può solo sperare che il tonico versato sul morale incoraggi miglioramenti comunque possibili, a onta delle carenze strutturali.

Adesso la concentrazione dovrà essere immediatamente rivolta al big match con il Manchester City, nel quale, è scontato, troveranno spazio anche Morata e Cuadrado. Ciò significa che la Juventus cambierà nuovamente pelle. Le troppe contraddizioni di una rosa incompleta, destinate a persistere tutta la stagione, precludono infatti l’ assunzione di un assetto affidabile e definitivo, con risultanze più che evidenti.

La flessibilità dovrebbe essere una risorsa, se diventa forzata è invece una controindicazione. Avanti con realismo e scevri di qualsivoglia enfasi, perché indulgere a scriteriati entusiasmi per tre modesti successi consecutivi vorrebbe dire non aver proprio capito cosa sia la Juventus.

Ezio MALETTO ( Twitter @EzioMaletto )

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