Un principe a lezioni di Tango

Domanda: avete mai visto un principe che balla il tango? Probabilmente no, probabilmente un erede al trono intento a bailar el tango si tiene ben lontano da occhi indiscreti, onde evitare di finire sui giornali. Eppure un principe, anzi un principino, non azzurro ma bianconero, tale Claudio Marchisio, potrebbe innamorarsi della danza argentina per eccellenza, e costringere la sua bella consorte Roberta a ripetere all’infinito, sotto lo sguardo attento di sua maestà la Vecchia Signora, la “caminata”, la “salida basica” e la “baldosa”, così da farsi trovare pronto. Sì, pronto per l’arrivo di nuovi compañeros, che potrebbero riportare al suddetto principino la libertà d’azione di cui, nel suo regno, il centrocampo, ha sempre beneficiato sino ad un anno e mezzo fa. Senza girarci intorno, Marchisio ci sembra soffrire, in silenzio come un vero leader, il ruolo di direttore d’orchestra, cucitogli addosso per metter fine al vuoto lasciato dal Maestro Andrea Pirlo. Claudio direttore non ci è nato e vuol ritornare, anche se non lo dice, a ballare tra le linee, per mettere in mostra, ancora, tutto quello che ora sembra sacrificare per amor di patria, tutto quello che lo ha reso uno dei migliori centrocampisti d’Europa: forza fisica, inserimenti, tiri da fuori, tocco sotto, visione, intelligenza, e goal ( questi ultimi guarda caso cominciano a mancare).

SPERANZE – Vien da soffermarsi, allora, su quei nuovi compagni (due in tutto), tanto attesi, che potrebbero portare nuova musica in casa Marchisio e in Via Galileo Ferraris.  Ever Maximiliano David Banega, nato a Rosario nel 1988, è il primo dei due. Quell’Ever, a fine contratto ormai, che a maggio scorso trionfava in Europa League, dopo una finale che se non ci fosse stato Bacca lo avrebbe designato l’hombre del partido. Quell’Ever capace di ricoprire alla perfezione il ruolo di direttore d’orchestra, e che non a caso sin da piccolo porta con sé un soprannome “El Tanguito”, data la sua conformazione fisica, con quel baricentro basso che fa sembrare ogni suo movimento un “paso de tango”. Quell’Ever genio e sregolatezza dotato di tutto quello che un centrocampista, da big, deve possedere: generosità, tecnica immensa, personalità da vendere, visione, rapidità e cattiveria da “Bombonera”. Ezequiel Iván Lavezzi, nato nel 1985 a Villa Gobernador Gálvez, è, invece, il secondo dei due. Quel Lavezzi, sfrontato, irriverente, dribblomane, scugnizzo che ha fatto sognare Napoli, con quei scatti fulminei e i dribbling ubriacanti. Quel Lavezzi, che prima di appassirsi, a Parigi è diventato maturo, è migliorato, tatticamente e tecnicamente, acquisendo la capacità di mettersi a servizio della squadra, evitando l’eccessivo individualismo, e che ora si trova come Ever a fine contratto.

TRIÁNGULO – Ecco che entra in scena il señor Marotta, amante dei parametri zero, a cui non dispiacerebbe portare i due argentini sotto la Mole. Ecco che Claudio ricomincerebbe a danzare tra le linee, Ever ed Ezequiel porterebbero improvvisazione, eleganza e passionalità all’equipo bianconero e la libertà perduta al principino. Il primo, giostrando da regista, sgraverebbe il centrocampista italiano dalla direzione forzata, permettendogli il ritorno al ruolo natale, l’interno, e la riattivazione della sua dote innata: l’inserimento. Quell’inserimento che ha portato spesso il principino, nel suo ruolo naturale, al goal, quell’inserimento ancor più favorito dal Pocho, il quale agendo da ala o seconda punta, permetterebbe un tridente(puro) o un albero di natale capaci di allargare, per bene, le difese avversarie (Ezequiel sarebbe capace di fare tutto ciò che a Morata non riesce, non essendo per natura portato a farlo). Il triangolo italo-argentino è servito, la musica potrebbe cambiare, magari in tango.

Carlo Iacono

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