I “casi” montati e le fondamenta ritrovate: Juventus al giro di boa

I titanici sforzi dei media italiani nell’analizzare solo e soltanto il bicchiere mezzo vuoto dell’incerto avvio di stagione della Juventus meritano di essere ricompensati. Tanta solerzia nel sollevare “casi” che probabilmente non esistono (vedi Dybala, ossia l’attaccante fin’ora più impiegato da Allegri minuti alla mano…), tanta attenzione nei paragoni statistici col passato (qualcuno ci spieghi a cosa servono…) e il continuo richiamo all’imponente ombra di “quei tre”, non possono cadere nel vuoto. Ci sarà pure qualcosa da mettere sull’altro piatto della bilancia, in questa prima vituperata e travagliata parte dell’Allegri-2. E stranamente lo sforzo non è risultato essere immane, a differenza di quanto si possa credere leggendo le pagine dei principali quotidiani sportivi.

IL RITORNO DEL MURO. La nuova Juventus di Massimiliano Allegri è nata la sera del 30 settembre 2015, nella sfida contro il Siviglia. Si è detto e ridetto del modulo “camaleontico” con Barzagli nella doppia versione di centrale-terzino, con Cuadrado che si “abbassa” sui 4 di centrocampo in fase di non possesso ma affianca le punte in fase offensiva. Altro fattore fondamentale: il recupero di Khedira, che ha anticipato quello di Marchisio. I due non sono ancora al top della forma, ma la loro funzione di “schermo” davanti alla difesa si è subito fatta sentire, a differenza di quanto avvenisse con Hernanes schierato centrale di centrocampo. Risultato, soltanto un gol subito nelle ultime quattro partite (contro il Bologna). Nella Juventus di inizio stagione preoccupava tutto, difesa compresa: ma sarebbe un errore pensare che Bonucci, Chiellini e Barzagli stiano “giocando meglio”. Semplicemente hanno una maggiore protezione da parte di tutta la squadra, che lavora meglio in fase di non possesso. I palazzi si costruiscono dalle fondamenta, d’altronde, e la Juve sembrava averle perse.

IL RISVEGLIO DI POGBA. L’eccessivo diventa spesso paradossale, fin quasi a far pensare alla malafede. Oppure alla mancanza di competenza. Perché continuare a dire “Pogba deve tornare a essere se stesso“, oppure “Pogba deve fare quello che vuole in campo e non essere ingabbiato negli schemi“, sembrano frasi talmente prive di senso da far dubitare delle proprie capacità uditive. D’accordo, il ragazzo non è ancora al massimo: ma di certo non è più al minimo. Ha giocato un secondo tempo a tratti devastante contro l’Inter, ha giocato un’ottima partita contro il Borussia M’gladbach: nel match di Champions ha peccato in un paio di scelte di passaggio che avrebbero potuto portare al gol, ma (in particolare nel primo tempo) è stato il migliore in campo dei suoi, nonostante la posizione sin troppo defilata sulla sinistra. Nella ripresa è calato, complice anche la stanchezza di non essersi mai fermato da agosto ad oggi, ma non è mai uscito dal match e si è sempre fatto sentire a centrocampo. C’è chi ha “mormorato” a qualche suo errore sullo stadio: spesso le partite in tv andrebbero guardate togliendo l’audio del commento.

I QUATTRO DELL’APOCALISSE. Dybala-Mandzukic-Morata-Zaza (in rigoroso ordine alfabetico), non hanno fin’ora complessivamente espresso quanto ci si aspettava da loro. Presi singolarmente, fin’ora il solo spagnolo è stato in linea con le aspettative, nonostante gli infortuni. Ma anche qui si montano “casi” inesistenti. La primissima parte della stagione è stata caratterizzata da una confusione tattica e da una cronica emergenza di formazione, e Mandzukic si è trovato catapultato in una nuova e complicata realtà: poi si è fatto male, e mercoledì ha disputato la prima partita dopo venti giorni. Ha senso tirargli la croce addosso? E’ un giocatore potente, in area di rigore si fa sentire, ma il continuo (ed eccessivo) svariare di Morata lo ha sempre lasciato solo a battagliare contro almeno tre tedeschi, senza poter mai scambiare o fare da sponda. E di questo, non può averne colpa. Dybala “distrutto” da Allegri? Un “problema” sollevato dai soliti, inappuntabili media nazionali, all’indomani della ripresa dopo la sosta. In panchina contro Inter e Borussia, ecco che ti scoppia puntualmente il “caso”. Fa niente se l’argentino sia stato l’attaccante maggiormente impiegato da Allegri: le parole di Zamparini hanno avuto un’eco spropositata, soprattutto se si pensa il prezzo da pagare al Palermo sarà (molto probabilmente) legato ai bonus-presenze.

COSA MANCA. Manca tanto, perché la classifica parla da sola e sarebbe assurdo non ascoltarla. Agnelli è stato chiaro: il 14esimo posto è ingiustificabile, e tutti lo sanno bene, a Vinovo. Le ultime quattro partite hanno dato però un messaggio chiaro, sottolineato dall’incazzatura di Allegri a fine gara mercoledì sera: la Juventus ha ritrovato la solidità, base su cui costruire qualsiasi vittoria, ma deve ritrovare la concretezza sotto porta. Gli svolazzi di Cuadrado (comunque fondamentale), l’egoismo di Morata e Pogba, la scarsa forma di Mandzukic. Ma le fondamenta ora ci sono: il resto dell’edificio è in costruzione. Non resta molto tempo (Agnelli dixit) ma gli “operai” adesso sanno dove intervenire.

Gennaro Acunzo

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