Juve-Borussia M’Gladbach – L’analisi dell’attacco: allerta-gol, ma piovono occasioni sciupate

Driiiiin. Allarme. Suona la sveglia, la Juve però non si scrolla l’inconcludenza da dosso. Eppure ci prova, eh. Ci prova tanto. Mai però efficacemente, mai però con la cattiveria che difatti è volata via a Buenos Aires, sponda Boca. Ecco: il primo pensiero che balza è quel “Tevez manca tremendamente”. E con lui, la figura del terminale offensivo. Di quelli che non se lo fanno ripetere due volte: la palla è fatta per andare dentro. Senza troppi giri di parole e di passaggi.

NUMERI –  La Juve è la squadra che subisce meno conclusioni in questa Champions, ma anche la terza peggiore come precisione al tiro (29% nello specchio). La statistica è emblematica, ed ha il volto di Mario Mandzukic, Alvaro Morata e Juan Cuadrado. Che creano, s’impegnano, giocano. Però non pungono. E quindi non bucano mai il sodo. Né Sommer, s’intende: bravo, per carità. Però non così impegnato, di sicuro non in vena di miracoli. Basti pensare al primo tempo, a quei dodici tentativi bianconeri verso la porta: peccato che neanche uno centri lo specchio.

MAND-GIU’-KIC – Colpa di tutta la squadra, certo. Imballata, oltre che imprecisa. Ma qualche responsabilità al terminale offensivo è quasi doverosa: dov’era Mario Mandzukic quando la Juve ha cercato di allargare la manovra? In mezzo, come sempre. E avulso dal gioco, come sempre. L’inserimento del croato sembra un continuo “loading”, di quelli che ti fan dubitare della potenza del pc. Invece è proprio Mario ad essere troppo pesante: in termini di condizione, in termini di inserimento in gruppo, in termini puramente tattici. Spesso collide con Morata, talvolta con se stesso. Perché il primo a soffrire, di quest’assurda alienazione, è proprio lui.

E DYBALA? – Dentro la freschezza di Paulo Dybala, allora. Già, peccato che Allegri se ne ricordi troppo tardi. Una storia strana, quella della Joya. Fatta d’incomprensioni e guizzi, e di un rapporto controverso con l’allenatore. Nulla che possa minare la serenità della squadra, tantomeno quella del giocatore in questione. Ma le domande insorgono, e i dubbi continuano: perché il livornese decide di privarsi del talento (forse) più cristallino che si ritrova in attacco? Non c’è risposta, al momento. Le parole si fermano davanti ai dribbling e alla voglia dell’argentino. In dieci minuti, più pericoloso anche di Cuadrado. Stanco, tanto e più di tutti. È che domenica non si è fermato un secondo, come l’impreciso Zaza ed il volenteroso Morata. Come la Juve: quadrata e solida, ma terribilmente sprecona. La fortuna più grande è non aver scherzato con la sorte: con il destino che quest’annata si ritrova, il karma avrebbe fatto volentieri la sua parte.

Cristiano Corbo

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