Quella maglia numero 10

Non tutto è perduto, questo campionato cerca ancora le sue protagoniste e, nonostante l’enormità dello svantaggio accumulato, chi è in cima non ha ancora convinto. E il podio è un obiettivo irrinunciabile. Alla Juve mancano ancora tante cose, è evidente. Sia sul piano tattico che su quello tecnico, lacune che si dovranno colmare in fretta e lavorando tanto.

QUESTIONE DI LEADERSHIP – Ma manca anche, e molto, una leadership a questa squadra. Quella che avevano i tre partenti, e che non si può comprare neanche al mercato di riparazione a gennaio. Se Buffon e Vieira da grandi saggi hanno pronunciato parole impegnative e pesanti, non si può fare a meno di pensare a quella maglia numero 10. Quella che per tradizione nel calcio dà qualcosa in più sul piano del gioco in mezzo al campo e a cui sono legati, talvolta in maniera univoca, i successi di una squadra. Rivera, Pelé, Maradona, Messi (giusto per dire) con quel numero sulle spalle hanno scritto la storia del calcio. Alla Juventus quella maglia è finita quest’anno sulle spalle del giocatore sicuramente più talentuoso della rosa, quel Pogba tanto maturo già da ragazzino da mollare il Manchester United per volare nella Juve che in Europa ancora non ruggiva, sapendo di poter far valere i propri mezzi. E che quest’anno ha l’occasione per spazzare via i rimpianti (e che rimpianti!) del mercato estivo.

PATRIMONIO TECNICO DA OTTIMIZZARE – Questi primi passi da leader in pectore però non convincono, c’è bisogno di ben più che qualche dribbling sussiegoso o di qualche giocata geniale troppo lontana dall’area avversaria per far sì che il patrimonio tecnico si tramuti in successi di squadra. La ragione per cui rimpiangiamo così tanto Carlitos Tevez, che ha passato le consegne proprio a Paul, è che in campo lottava fino alla fine, faceva goal e trascinava i compagni senza timore di dover diventare il primo difensore quando l’azione della squadra avversaria nasceva. Forse poi la dirigenza dovrebbe proporre a Pogba una visita guidata allo J-Museum e vedere le memorie di Sivori, talentuoso, combattivo, un po’ attaccabrighe, ma anima del tridente dei sogni con Charles e Boniperti. Tre scudetti, tre Coppe Italia, 170 reti segnate e un titolo di capocannoniere. Ma, in un calcio più vicino al nostro, a Paul dovrebbero essere mostrate la numero 10 di Baggio che seppur fra tanti infortuni divenne il capitano della Signora alzando al cielo una Coppa Uefa, vinse uno scudetto e un titolo di capocannoniere. Non volendo neanche scomodare due paragoni con fenomeni calcistici che hanno dato splendore alla numero 10 a strisce bianconere come il suo connazionale Platini e Alessandro Del Piero. Vittorie a ripetizione, ma soprattutto l’impronta indelebile sulla Juventus vincente di Trapattoni e di Lippi e poi di Conte veniva fornita dai due fenomeni. Gol e successi venivano, prima ancora che dalle grandi qualità tecniche, dal prestigio che Le Roi e Alex avevano sul campo, nello spogliatoio e da parte degli avversari. Senza parlare dell’adorazione dei tifosi. Paul Pogba viene ritenuto un predestinato al Pallone d’Oro, trofeo che quasi tutti questi numeri 10 juventini hanno vinto prima di lui, proprio perché hanno portato al successo le rispettive squadre. Coltivare così questa ambizione, e metterla in pratica potrà giovare a Pogba e alla Juventus.

Luca Feole

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