Una botta di ottimismo

Un avviso per chi proprio non riesce a vedere rosa: questo vuole essere un articolo ottimista, quindi, se davvero non vi va di provare a farvene una ragione, di questo momento Juve, in alto a sinistra c’è una freccetta. Cliccatela, ci sono tanti articoli migliori su questo interessantissimo sito…

È che chi ha vissuto le ere Marchesi, Maifredi, Ferrara e Zaccheroni, Delneri, e le relative resurrezioni, ha accumulato tanto di quel pelo sullo stomaco che le partite come quella di mercoledì dopo l’iniziale momento di shock (credo di aver rivolto la prima parola sensata ai miei cari solo dopo pranzo del giorno dopo) prova ad incasellarle in una sorta di memoria esterna, in una qualche casella di qualcosa di già vissuto. E così mi è capitato l’altra notte, mentre provavo a contare le pecore per provare ad addormentarmi ma tutte mi apparivano con la faccia di Blanchard e allora ho smesso.

E ho pensato a quando mi era capitato di vivere una situazione simile. E scavando in quella memoria esterna mi sono ritrovato nel 2011. Esatto, proprio la prima Juve di Conte, una delle squadre che più mi ha fatto godere negli ultimi anni, diciamo dal 5 maggio in giù…

Una squadra per certi versi simile a questa di oggi: molti volti nuovi, un allenatore nuovo (inutile girarci intorno, questo è il primo vero anno di Allegri), un giocattolo da assemblare. Ebbene, mi sono tornate in mente le prime gare di quella stagione e, con loro, i commenti che si facevano. Si parlava di una squadra senza una precisa fisionomia, che Pirlo non c’entrava niente con il 424 che aveva in mente Conte e che forse era stato un acquisto inutile, che c’era confusione nella individuazione della coppia d’attacco (ricordo un sondaggio Sky che diceva più o meno: la Juve non ingrana: di chi la colpa?).

E, infatti, dopo il roboante inizio col Parma, frutto anche dell’emozione della prima volta allo Stadium, erano venuti: una vittoria risicata a Siena e poi due pareggi, di cui uno in casa con il Bologna e uno a Catania in una partita orrenda risolta con una papera del portiere etneo. Poi, la vittoria in casa col Milan (una splendida gara risolta nei minuti finali), un primo segnale di quella che sarebbe stata la macchina perfetta, protagonista della cavalcata del ritorno, ma, subito dopo, altri due mezzi inciampi: un pareggio incolore a Verona sponda Chievo, con un salvataggio sulla linea ad evitare il gol dei padroni di casa e un 2-2 in casa col Genoa, che io me li ricordo gli ultimi 10 minuti, altro che mancata gestione col Frosinone: non si perse quella partita per puro caso. Dopo 7 partite quella squadra aveva 13 punti, era imbattuta (e lo sarebbe rimasta, dice la storia) ma nessuno avrebbe scommesso la casa sulla vittoria finale.

Certo, c’era qualche differenza, rispetto a questa: quella squadra non aveva le coppe e non aveva appena vinto una supercoppa italiana (curioso come questa partita non entri mai nelle statistiche di inizio stagione, mentre avrebbe senz’altro fatto numero in caso di sconfitta). Ma è vero, anche, che non aveva una squadra lanciata come lo è l’Inter di quest’anno (anche se il Milan del 2011, a parere di chi scrive, era squadra più organizzata a vincere piuttosto che l’Inter attuale).

Che cosa avvenne, poi? Sostanzialmente, due trasferte consecutive: Inter e Napoli. Due partite nelle quali avvenne la svolta. La squadra cominciò davvero a ritrovarsi, a capire che aveva buoni margini di miglioramento e da quel momento cominciò a correre. Certo, anche dopo vi furono scivoloni molto simili a quelli con i ciociari, tipo i pareggi interni con Cagliari, Siena, Chievo e Lecce ma, complice anche il rallentamento del Milan si giunse alla vittoria finale.

Ora, nemmeno a farlo apposta giungono due trasferte (intramezzate da una casalinga col Bologna e la sosta nazionali) proprio con  Napoli e Inter. Che dite, vogliamo sospendere il giudizio (non le analisi e le critiche, ci mancherebbe, quelle sono giustificate come lo erano quelle dell’autunno 2011) fino a dopo queste due gare? Magari saremo sempre lì, e sarete autorizzati ad insultarmi senza pietà, ma magari, dovessimo riuscire a schierare almeno una volta un centrocampo con Khedira – Marchisio – Pogba, qualche passo avanti lo avremo anche fatto.

Francesco Alessandrella

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